Cattolica Eraclea, omicidio Miceli: condanna a 24 anni per Sciortino

CATTOLICA ERACLEA- La Corte di assise di appello di Palermo, presieduta dal giudice Matteo Frasca, ha condannato a 24 anni di carcere il sessantenne Gaetano Sciortino, operaio di Cattolica Eraclea accusato dell’efferato delitto avvenuto il 6 dicembre 2015. I giudici hanno accolto la richiesta del procuratore generale, aumentando la pena richiesta di due anni. Si chiude così, almeno per ora, uno dei casi giudiziari più complessi e controversi degli ultimi anni nell’Agrigentino. L’omicidio di Giuseppe Miceli, 67 anni, marmista molto conosciuto in paese, avvenne all’interno del suo laboratorio di via Crispi. Fu ritrovato immerso in una pozza di sangue, massacrato con oggetti presenti nel laboratorio, tra cui un’acquasantiera in marmo. Nessun movente passionale, nessun legame sentimentale, ma, secondo l’accusa, rancori personali e antichi dissidi di natura economica e professionale. Sciortino venne arrestato nel 2017, due anni dopo il delitto, al termine di una lunga e articolata indagine dei carabinieri. A incastrarlo – sostenevano gli inquirenti – una serie di elementi indiziari: tra questi, una scarpa trovata in un’area rurale non lontana dal luogo del delitto, con un’impronta compatibile con quella rilevata sulla scena del crimine dai Ris. E ancora: il presunto pedinamento della vittima il giorno prima dell’omicidio e la distruzione di alcune punte da trapano appartenute alla vittima da parte dei figli dell’imputato, che secondo l’accusa erano state sottratte al momento dell’aggressione. Nel 2022 la Corte di assise di Agrigento aveva condannato Sciortino a 24 anni di carcere, ritenendolo colpevole del delitto, pur non accogliendo la richiesta di ergastolo avanzata dalla Procura. Ma il verdetto fu ribaltato in Appello: assoluzione piena, «perché il fatto non sussiste». Un verdetto clamoroso che sembrava chiudere definitivamente la vicenda. Poi, la Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi del procuratore generale Giuseppe Fici e dell’avvocato di parte civile Antonino Gaziano, annullò la sentenza di assoluzione, disponendo la celebrazione di un nuovo processo d’appello davanti a una sezione diversa. Un procedimento bis che ha riportato alla ribalta il caso e rimescolato le carte.