Caltabellotta, finanziato progetto di recupero del prezioso gruppo scultoreo in terracotta La Passione

Firmato il Decreto dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana. Recupero finanziato con 55.476 euro
CALTABELLOTTA– Il progetto è stato predisposto d’ufficio dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento, guidata da Vincenzo Rinaldi, e redatto dalla storica dell’arte Rita Ferlisi, in collaborazione con l’Ufficio per i Beni Culturali Diocesani dell’Arcidiocesi di Agrigento, diretto da don Giuseppe Pontillo. Un progetto di recupero voluto fortemente dall’Arciprete di Caltabellotta, don Giuseppe Colli, e con il sostegno e supporto di un Gruppo Spontaneo di cittadini, tra cui Giuseppe Rizzuti, che hanno nel cuore la valorizzazione delle cose belle presenti nel piccolo comune montano. Nei giorni scorsi è stato emanato il Decreto dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana a firma del Capo del Settore 7, Giuseppe Alongi. Si tratta del finanziamento del progetto di recupero, restauro e ricollocazione del gruppo scultoreo in terracotta policroma a grandezza naturale, noto come La Passione, pregevole opera cinquecentesca della famiglia Ferraro, attualmente custodita nella Chiesa di Sant’Agostino di Caltabellotta. L’importo stanziato è pari a 55.476 euro. In occasione del restauro, l’insieme scultoreo sarà trasferito nella stanza ottagonale adiacente, situata nell’ex Chiesa di San Lorenzo, sua sede originaria, dove era rimasto per secoli prima di essere spostato, nei primi anni Sessanta del Novecento, a causa delle precarie condizioni dell’edificio. Don Giuseppe Colli auspica da tempo che l’ex Chiesa di San Lorenzo possa essere destinata a sede distaccata del MU.DI.A, considerando la quantità e il valore degli oggetti sacri e degli abiti talari che vi potrebbero essere esposti, specialmente dopo il trasferimento ivi di così composita scultura. La Passione rappresenta, probabilmente, l’opera d’arte più significativa di Caltabellotta e dell’intero territorio, sebbene ancora poco conosciuta. Secondo gli studi più accreditati, le otto statue risalirebbero al 1552 circa e sarebbero state realizzate da Antonino Ferraro (1523–1609), detto “Imbarracucina”, su commissione dei Padri Agostiniani e dei Rettori della Confraternita di San Lorenzo per la loro chiesa. In origine, il gruppo era collocato nel cappellone centrale della chiesa stessa, dove rimase per circa quarant’anni. Nel 1594 fu spostato nella cappella laterale destra, le cui pareti vennero affrescate, secondo la tradizione, da Orazio Ferraro, figlio dell’autore. “Merita attenzione, spiega Giuseppe Rizzuti, la disposizione scenografica originaria del gruppo, di intensa forza drammatica: il Cristo morto è adagiato tra le braccia della Madonna, attorniata da san Giovanni, dalla Maddalena e da due Pie Donne. Più avanzati sono collocati Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, che per alcuni studiosi raffigurerebbero, secondo la consuetudine dell’epoca, i volti dei committenti dell’opera. Tutte le statue, a grandezza naturale, rivelano una straordinaria espressività e la perizia dell’artista, come si può osservare anche da un’antica fotografia degli anni Cinquanta che le ritrae nella loro collocazione originale”. L’antica sistemazione nel cappellone della Chiesa di San Lorenzo, più ampio e arricchito dagli affreschi rappresentanti il Calvario, con i due ladroni e l’ambiente paesaggistico circostante, offriva però una cornice scenografica di più grande efficacia.