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Ospedali Riuniti Sciacca-Ribera, quando prevale la fuga in avanti in barba alla sinergia di un territorio

RIBERA- La sanità è un tema che riguarda l’intero territorio nazionale. Esattamente, il tema, riproduce sull’intero stivale ciò che sul nostro territorio, invece, si immagina una prerogativa unica. Mancanza di personale, pronti soccorso intasati, lunghe file di attesa per sottoporsi ad accertamenti sanitari. E’ il risultato di una politica di tagli che negli anni, con qualsiasi coloritura partitica, ha collassato il sistema sanitario. Gli organi deputati alla gestione della sanità hanno avuto come stella polare da seguire l’esasperazione di una economia gestionale che, di fatto, anziché lottare gli sprechi, non solo li ha alimentati ma, peggio ancora, ha trovato nella aberrante logica del risultato finanziario annuale la via dei tagli ponendo in seconda, terza, e ancor più a scendere, il vero nocciolo della questione: il diritto alla salute, il dovere della buona gestione finalizzata ad assicurare una qualità di servizi erogati degni di un Paese civile. Il vero dramma i cui versa la sanità italiana lo si è visto con l’esplodere della pandemia. E’ emersa una situazione di arretratezza, di crescente smantellamento della sanità pubblica, di mancanza di personale, di scelte politiche orientate a privilegiare la sanità privata rispetto a quella pubblica.

Eppure, ancora oggi il sistema sanitario italiano rimane tra i migliori. Almeno per quel che riguarda il diritto alla salute, nonostante le disfunzioni. Non sfugge al tema sopra espresso la sanità del nostro territorio. Che le strutture sanitarie risentano di una politica scellerata e priva di programmazione, ma anche di logiche visionarie e programmatiche, è un fatto noto e datato e che riguarda tutte le strutture ospedaliere agrigentine, come quelle dell’intera Sicilia. Non sfugge, quindi, a tale emergenza la situazione degli ospedali riuniti di Sciacca e di Ribera, unica forma giuridica che fa da collante. Non solo. La vicinanza delle due strutture deve necessariamente volgere lo sguardo, per una giusta e adeguata valorizzazione delle due realtà, ad una complementarietà.

La pandemia causata dal Covid ha, di fatto, cancellato dalla memoria (ormai il concetto della memoria è molto limitato ed è divenuto più fluido dell’acqua) la via obbligatoria verso cui era diretto il Fratelli Parlapiano: la chiusura. L’individuazione della storica struttura in ospedale Covid ha consentito la destinazione di ingenti somme per attrezzare la medesima di una terapia intensiva di tutto rispetto con macchinari all’avanguardia. Interventi importanti sono stati effettuati all’impiantistica, mentre nel corso dei lavori sono state registrate mancanze tecnologiche assai gravi.

L’emergenza Covid ha offerto la possibilità di aprire un ventaglio di nuovi servizi sanitari derivanti proprio dalle conseguenze che il virus lascia sull’apparato cardiologico, respiratorio, infettivo. In questa nuova apertura di ventaglio vi è la possibilità di classificare e qualificare il Fratelli Parlapiano con servizi di alta specializzazione capaci di diventare punti di riferimenti regionali.

Il Giovanni Paolo II e il Fratelli Parlapiano, accumunati da una unica forma giuridica, devono necessariamente essere oggetto di una programmazione che li rende complementari, vasi comunicanti che si differenziano, tuttavia, per le prestazioni offerte. Come ha già dichiarato il deputato regionale del Pd. Michele Catanzaro, “è illogico creare doppioni tra due realtà che distano poco meno di 20 chilometri”. Ma c’è anche una corsa verso con una richiesta di classificazione del Fratelli Parlapiano come “ospedale di zona disagiata”.

Verrebbe di citare Luca, 23,33-34 “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.  Su questa visione che cozza contro la normativa nazionale vigente, il sindaco di Ribera crede di poter “lottare” da solo e immagina anche di farsi ricevere dal ministro della Salute. Insomma, si procede per campanile e non per sinergia.

Peggio ancora, ci si innamora di un concetto senza aver in mente l’effetto domino che esso, inevitabilmente, provoca. Un effetto che non solo non risolve l’assetto del Fratelli Parlapiano, ma potrebbe creare anche serie ripercussioni sul Giovanni Paolo II. Sulla richiesta di classificare il Fratelli Parlapiano “ospedale di zona disagiata”, è interessante seguire la riflessione dell’ex sottosegretario alla Sanità, Nenè Mangiacavallo, pneumologo assai apprezzato. La riflessione di Mangiacavallo, che pubblichiamo a fine articolo con uno speciale realizzato da Rmk a cura del collega Massimo D’Antono, deriva da oggettiva documentazione, ovvero sulla lettura attenta e approfondita della normativa. A nulla serve “interpretare”, concetto che vale di più in gastronomia lasciando la “rivisitazione” di ricette consolidate alla fantasia degli chef.

Proseguire e insistere sulla via del campanile non giova. Forse giova al sindaco di Ribera una maggiore riflessione, ma anche l’apertura degli orecchi a sani consigli, e chiudere le sensazioni che derivano dalle pance.

Filippo Cardinale  

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