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ECCO LA SENTENZA CHE RIGETTA IL RICORSO DI GIOACCHINO MARSALA

Il Tar, inoltre, condanna Marsala al pagamento delle spese processuali per 3.000 euro

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 985 del 2012, proposto dal Sig. Gioacchino MARSALA in proprio e nella qualità di candidato alla carica di Sindaco e del Consiglio Comunale di Sciacca (del 6 e 7 maggio 2012), rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Polizzotto, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via N. Morello N.40; contro Comune di Sciacca in persona del Sindaco p.t., e Consiglio Comunale di Sciacca in persona del legale rappresentante p.t., non costitutisi in giudizio; Ufficio Centrale Elettorale per le Elezioni del Comune di Sciacca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, presso la cui sede distrettuale, in Palermo, Via A. De Gasperi n.81, è ex lege domiciliato; nei confronti di Fabrizio Di Paola, rappresentato e difeso dall’avv. Lucia Di Salvo, con domicilio eletto presso il suo studio, in Palermo, via Notarbartolo N. 5; Gaetano Cognata, Calogero Filippo Bono, David Carmelo Emmi, Gianluca Guardino, Antonio Casciaro, Calogero Bono, Lorenzo Maglienti, Filippo Bellanca, Elvira Roberta Frigerio, Santo Ruffo, Salvatore Monteleone, Maurizio Grisafi, Filippo Falautano, Simone Di Paola, Accursilvio Caracappa, Rosario Lombardo, Ignazio Bivona, Gioacchino Settecasi, Francesco Pisano, Vincenzo Marinello, Salvatore Alonge, Luciano Augello, Giuseppe Ambrogio, Pasquale Bentivegna, Mario Turturici,Ignazio Catanzaro, Michele Alba, Vincenzo Bonomo, Cinzia Deliberto, Vincenzo Sabella, Paolo Mandracchia, Vincenzo Paolo Porrello, Calogera Daniela Campione, Salvatore Accursio Maria Monte, non costituitisi; per l’annullamento – del verbale delle operazioni dell’Ufficio Centrale per le Elezioni comunali del Comune di Sciacca del 6 e 7 maggio 2012, chiuso il 12.5.2012, nella parte in cui è stato proclamato eletto alla carica di Sindaco Fabrizio Di Paola; e, conseguentemente, i Consiglieri comunaliivi indicati, anzichè procedere al ballottaggio; – degli atti presupposti, conseguenti o comunque connessi indicati in ricorso Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l’art. 130, co. 7, cod. proc. amm.; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ufficio Centrale Elettorale e dei controinteressati costituitisi; Viste le ulteriori memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Nominato Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2012 il Cons. Avv. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti i Difensori indicati nell’apposito verbale

FATTO Nella competizione elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale e del Sindaco del Comune di Sciacca del 6 e 7 maggio 2012, hanno presentato la candidatura alla carica di Sindaco i Signori Fabrizio DI PAOLA (che ha ottenuto 11902 voti), Vincenzo GUIRRERI (che ha ottenuto 2180 voti), Gianni EMMA (che ha ottenuto 2.040 voti), Giuseppe TURCO (che ha ottenuto 1.734 voti), Gioacchino MARSALA (che ha ottenuto 5.098 voti). Con il provvedimento di cui al verbale delle operazioni elettorali chiuso il 12 maggio 2012, l’Ufficio Centrale – richiamata la nota circolare prot. n.7978 diramata in pari data, con cui l’Assessorato delle Autonomie Locali ha impartito direttive per il calcolo del quorum dei voti validi ai fini dell’elezione dei Sindaci – ha proclamato eletto alla carica di Sindaco il Sig. Fabrizio DI PAOLA. Il criterio utilizzato è stato quello di calcolare le percentuali di voto ottenute dai candidati alla carica di Sindaco sul totale dei soli voti validi diretti all’elezione alla predetta carica; esclusi dal computo, quindi, i voti con i quali gli elettori hanno espresso – nella stessa scheda – le preferenze per l’elezione dei Consiglieri Comunali (voti tutti contenuti nelle medesime schede, che recavano due differenti “partizioni”: una destinata all’espressione del voto diretto all’elezione del Sindaco ed una destinata all’espressione del voto diretto all’elezione dei Consiglieri). In particolare, per determinare il vincitore della competizione elettorale volta all’elezione del Sindaco, l’Ufficio Centrale ha sommato fra essi esclusivamente i voti validi espressi dagli elettori in favore dei cinque candidati alla predetta carica (pari a 22.954), ed ha utilizzato la cifra così ottenuta come base su cui verificare se la percentuale di voti necessaria e sufficiente per ottenere la vittoria “a primo turno”, senza dover far ricorso a ballottaggio, fosse stata raggiunta. In tal modo è risultato vincitore al primo turno il Sig. Fabrizio Di Paola che ha ottenuto 11.902 voti, pari al 51,85% del totale dei voti calcolati secondo il criterio sopra descritto. Contro le operazioni elettorali è insorto il Sig. Gioacchino Marsala (uno dei candidati alla carica di Sindaco, risultati sconfitti), il quale contesta il metodo con cui è stato calcolato il c.d. “totale dei voti” da assumere come base per la verifica in ordine alla necessità, o meno, di ricorrere al ballottaggio.

Con il ricorso in esame ha pertanto impugnato il provvedimento di proclamazione (tanto del Sindaco che dei Consiglieri Comunali) indicato in epigrafe, e degli atti relativi alle operazioni elettorali, chiedendone l’annullamento e la rettifica (anche al fine di determinare l’obbligo di procedere al ballottaggio). Espone, al riguardo, che se il totale dei voti fosse stato calcolato computando tutti i voti espressi nelle schede – sommando, dunque, ai voti espressi per l’elezione alla carica di Sindaco quelli diretti all’elezione dei Consiglieri – il Sig. Fabrizio Di Paola non avrebbe superato il 50% e, conseguentemente, l’Ufficio Centrale avrebbe dovuto disporre di procedere al c.d. “turno di ballottaggio” tra i due candidati che avevano ottenuto il maggior numero di voti (tra i quali vi è proprio il ricorrente). Ritualmente costituitosi con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, l’Ufficio Centrale per le Elezioni ha eccepito l’inammissibilità, l’improcedibilità e comunque l’infondatezza del ricorso chiedendone il rigetto con vittoria di spese. Anche il Sig. Fabrizio Di Paola si è costituito eccependo l’infondatezza della domanda giudiziale e chiedendo il rigetto con vittoria di spese. All’udienza fissata per la discussione di merito del ricorso, la causa è stata posta in decisione

DIRITTO 1 . Il ricorso è infondato. Con unico mezzo di gravame il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.3, comma 4 e dell’art.4 della L. reg. n.35 del 1997, dell’art.6 della L. reg. n.6 del 2011 e delle Istruzioni impartite dall’Assessorato degli Enti Locali (con atto n.11/2012), nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti e contraddittorietà, deducendo: che l’Ufficio elettorale ha erroneamente calcolato il “numero totale dei voti” validi – da utilizzare come base per verificare se fosse stato raggiunto il quorum necessario (quale 50% più uno) per ottenere l’elezione alla carica di Sindaco al primo turno (senza ballottaggio) – avendo escluso dalla somma dei voti validi i cc.dd. “voti di lista” e cioè quelli diretti ai Consiglieri comunali; che la direttiva che ha stabilito tale criterio contraddice una precedente direttiva. Nessuno dei due profili dell’articolata doglianza merita accoglimento.

1.1. L’art.1 della L. reg. n.6 del 2011 ha modificato l’art.3 della L. reg.n.35 del 1997. La novella consiste nel fatto che è stato soppresso il c.d. “effetto trascinamento” in forza del quale il voto espresso in favore di una lista si estendeva automaticamente al candidato alla carica di Sindaco ad essa collegato. Con il precedente sistema il voto espresso in favore di una lista (volto all’elezione alla carica di consigliere dei prescelti candidati che ne facevano parte) si concretizzava anche in un voto in favore del soggetto che, nell’ambito di essa, era candidato all’elezione alla carica di Sindaco. Con un unico voto, dunque, l’elettore esprimeva automaticamente, implicitamente ed inderogabilmente una duplice ma inscindibile volontà, quella diretta all’elezione di determinati Consiglieri e quella diretta all’elezione di un determinato Sindaco (nella specie: quello collegato alla lista prescelta). Era normale ed ovvio, dunque, che in quel sistema il voto alla lista venisse considerato anche come voto per l’elezione del Sindaco, e come tale computato. Ma con la menzionata novella normativa il voto alla lista (ed ai soggetti che ne fanno parte, aspiranti alla carica di Consigliere Comunale) ed il voto al Sindaco divengono due differenti e scindibili espressioni di volontà, due autonome scelte rivolte – ciascuna – ad un diverso obiettivo elettorale: l’uno, consistente nella scelta dei soggetti ai quali conferire le funzioni e la carica di Consigliere comunale; l’altro consistente nella scelta del soggetto al quale conferire le funzioni e la carica di Sindaco (soggetto che, nel nuovo sistema, non necessariamente è legato alla medesima lista della quale fanno parte i candidati alla carica di Consigliere ai quali l’elettore abbia deciso di accordare la sua preferenza). Il fatto che la scheda nella quale confluiscono le due differenti ed autonome espressioni di voto sia “unica” – scelta probabilmente orientata al conseguimento di economie – non costituisce, dunque, un indice rilevante ai fini del computo del totale dei voti diretti all’elezione del (rectius: all’obiettivo di prescegliere il) Sindaco: si tratta infatti – lo si ribadisce – di procedimenti elettorali differenti in quanto aventi differente funzione, per quanto – com’è ovvio che sia – contestuali. Se ciò è vero, come incontrovertibilmente appare, ne consegue che correttamente l’Amministrazione – in conformità alla lettera ed alla ratio della nuova normativa – non ha computato, ai fini di determinare il numero complessivo dei voti espressi dagli elettori per la scelta del Sindaco, i voti rivolti all’elezione dei Consiglieri ed alle liste nelle quali i candidati a tale carica risultavano iscritti. A ciò va aggiunta un’ulteriore considerazione. Se si applicasse la normativa in esame nei termini indicati dal ricorrente, si finirebbe con l’attribuire rilevanza (e peso specifico) per l’elezione del Sindaco, alla condotta di quei cittadini che si siano liberamente astenuti dall’esprimere un voto sulla questione. Il che significherebbe alterarne e forzarne la volontà.

1.2. Del pari non condivisibile si appalesa il secondo profilo di doglianza. La seconda direttiva è stata congegnata come un “errata corrige” alla prima; sicchè è evidente che la sostituisce motivatamente, il che esclude che sia ravvisabile alcuna significativa e rilevante contraddittorietà fra le due.

2. In considerazione delle superiori osservazioni il ricorso va respinto.

Si ravvisano giuste ragioni per condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in complessivi €.3000,00 – oltre IVA e CPA dovute ex lege – da ripartire, in parti eguali, in favore delle parti resistenti costituite. P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sez. II^, respinge il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi €.3000,00 da ripartire, in parti eguali, in favore delle parti resistenti costituite. Dispone, ai sensi dell’art.130, comma 8, del c.p.a., che la Segreteria trasmetta copia della presente sentenza al Prefetto della Provincia di Agrigento; nonché al Sindaco p.t. del Comune di Sciacca per gli ulteriori adempimenti e per quelli di cui al comma 11 dello stesso art.130. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2012 con l’intervento dei Signori Magistrati: Filippo Giamportone, Presidente Carlo Modica de Mohac, Consigliere, Estensore Roberto Valenti, Primo Referendario

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