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TRAGEDIA RAGUSA-GUDDEMI: QUANTE VITE DEVONO ESSERE ANCORA DISTRUTTE?

EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE

E’ brutto per un giornalista scrivere di incidenti in cui perdono la vita persone. E’ terribile per un giornalista, che rincorre le notizie, scoprire che quelle giovani vite rimaste sull’asfalto sono amici, figli di amici. Si stringe il cuore, si piange a dirotto. I perché sono inanellati, uno dietro l’altro. Non c’è una spiegazione, ma solo un’amara constatazione. Viviamo sul filo sottilissimo della vita. Facciamo progetti a lunga gittata, consapevoli che il nostro cammino è senza ostacoli. Poi, invece, ti accorgi, d’un tratto, che siamo vulnerabilissimi. Giovanni ed Emanuela hanno affrontato un viaggio, felici per la loro piccola creatura ancora nel ventre materno. Quanti progetti. Quanta felicità. E’ la felicità di tanti giovani che credono nella famiglia, nell’amarsi, nel progettare un futuro insieme. Un sogno, una speranza. Poi lo schianto. Il silenzio. Giovanni ed Emanuela se ne sono andati, nell’eterno viaggio, nell’altro mondo. Giovani, belli, intelligenti, operosi.

Perché tutto questo? Perché Dio permette questo? L’insegnamento cristiano ci dice che la fede deve prevalere, nella consapevolezza che il disegno di Dio è incomprensibile per noi terreni. Il dolore è immenso, il pianto irrefrenabile. E diventa davvero difficile comprendere un mistero. Diventa, invece, facile rimanere senza lacrime, senza parole, rimanere impietriti. Guardare Giovanni ed Emanuela, nelle loro foto, sembra toccare la bellezza della natura, la freschezza della giovinezza, l’amore profondo di una giovane coppia che davanti Dio ha giurato l’amore reciproco. Nella buona e nella cattiva sorte, ripetiamo in chiesa nel corso del sacramento del matrimonio. Giovanni ed Emanuele hanno condiviso un medesimo destino, disegno. L’uno accanto all’altro, nella buona e nella tragica sorte. L’uno accanto all’altro per sempre, come a testimoniare che il loro amore, la loro unione, è un dono che hanno preservato tenacemente. Rimaniamo attoniti, increduli. Ci stringiamo, nel dolore, alle famiglie di Giovanni ed Emanuela. Ci mancheranno. Ci mancherà Giovanni, ci mancherà la nostra collega Emanuela. Ci conforta la fede. Ambedue, adesso, sono tra le braccia di Dio.

La rabbia, però, ci resta. Ci resta per le cose umane e tra queste l’incredibile leggerezza con cui noi del Sud, noi della SS 115 e della Fondovalle, siamo trattati. Quante vittime devono essere ancora raccolte dalle strade killer? Qual è il numero, già oggi altissimo, che serve per scuotere le coscienze di chi ha il compito di pensare al territorio, alle sue strutture, alle sue infrastrutture? Amara terra nostra. Quante manifestazioni dobbiamo ancora effettuare? Quante lacrime devono essere ancora versate? Quante vite devono essere distrutte? E’ questo il vero mistero, quello di una Sicilia, di una provincia agrigentina, trattata come una serva.

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