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TERME, IL BACINO IDROTERMALE E’ DEL DISTRETTO MINERARIO CHE DARA’ LA CONCESSIONE ALL’AGGIUDICATARIO DEL BANDO

I riflettori accesi sulla vicenda termale da parte del Comitato Civico Patrimonio Termale e dall’associazione #OraBasta hanno fornito alla città elementi importanti e nuovi. Utili a capire le cose come stanno rispetto alle notizie di comodo e filtrate da parte della politica locale e di quella extraurbana che viene a Sciacca a sfilare sulle solite passerelle.

Noi del Corrieredisciacca scriviamo sulle terme dal gennaio 2016, dopo la sciagurata trasformazione dell’Azienda Autonoma delle Terme in Terme di Sciacca Spa, con tutte le vicende che si sono susseguite. Abbiamo sempre documentato,in anteprima, tutto.

Ed è attraverso di questo fresco e nuovo dibattito che desideriamo cogliere l’occasione per evidenziare alcuni aspetti sulla base di memorie storiche che non è sempre facile conservare.

Centro di accumulo dell’acqua termale di via Figuli.  Alla fine degli anni 80, nella fase di progettazione e realizzazione del Parco termale che fino ad allora era un grande uliveto, vennero condotte diverse espropriazioni, soprattutto sul lato ovest contiguo all’ex Convento di San Francesco: si trattò di vecchie case (eredi Rossi-Lo Monaco ed altri), di spazi vuoti (ex arena delle terme), e di piccole particelle, che consentirono di realizzare l’ingresso carrabile all’ex Convento dalla via Figuli. Sul lato est, nell’incrocio tra la via Figuli ed il Viale delle Terme (quest’ultimo di proprietà regionale concesso in uso al Comune con l’obbligo della manutenzione), venne realizzato il centro di accumulo.

E’ certamente possibile che nel turbinio di progetti e lavori che in quel periodo videro la ricostruzione completa dei beni termali (Stabilimento, Grand Hotel, Parco termale, Antiche Terme, Stufe di San Calogero, Antiquarium, piscine del parco, vasche di maturazione del fango, lavanderia industriale, ecc.) possa essere sfuggita qualche particella, peraltro infinitesimale, ma pensare che l’immobile di pochi metri quadrati che rappresenta una pertinenza mineraria del pozzo di eduzione situato a ridosso e nel quale sono allocate soltanto le pompe abbia bisogno di una valutazione dell’Agenzia delle Entrate lascia basiti. Risulta però che tutti i progetti, ed i collaudi, sono stati comunicati alla Regione, che quindi era perfettamente a conoscenza dello stato dell’intero patrimonio immobiliare.

In ogni caso quel bene ha natura patrimoniale, come sostengono il liquidatore ed il Comitato Civico Patrimonio Termale, e tra possesso dell’Azienda e della SPA l’usucapione si è abbondantemente realizzata.

Acque del Bacino idrotermale. Se è pur vero, infatti, che il Decreto Lgs. presidenziale del 12/12/1949 n. 35 all’art. 1 fa un chiaro riferimento “alle acque del bacino idrotermale scaturenti naturalmente o artificialmente…..nonché le Stufe di San Calogero sul Monte Kronio” di Sciacca, è altrettanto vero che il successivo Decreto Lgs. presidenziale n. 12 del 20/12/1954, per intenderci quello che ha istituito l’Azienda Autonoma delle Terme di Sciacca e quella di Acireale, all’art. 1 ha stabilito che queste ultime “amministrano, gestiscono e valorizzano rispettivamente i complessi cremotermali e idrotermominerali esistenti nei bacini”. E’ di palese evidenza che i “complessi cremotermali ed idrotermali esistenti nei bacini” sono beni diversi dai prodotti del bacino, cioè acque e vapore termale. Quindi dal combinato disposto delle due norme, e da quelle che successivamente saranno adottate per delimitare i bacini termali (quello di Sciacca coincide con l’intero territorio comunale) risultano due cose rilevanti: la prima è che l’Azienda delle Terme è dalla sua istituzione concessionaria ex lege dei prodotti del bacino (acque termominerali e vapore), la seconda è che alla stessa sono trasferiti fin dalla sua istituzione, in uso e non in usufrutto, i complessi sopra indicati, ossia tutti i beni esistenti nel bacino. A conferma di quanto riportato si ricorda che i complessi alberghieri della Fintur Sciaccamare, che come è noto hanno reparti di terapie termali al loro interno, hanno potuto utilizzare l’acqua termominerale soltanto in forza di una subconcessione onerosa da parte dell’Azienda Autonoma delle Terme di Sciacca. Con la costituzione della Terme di Sciacca SPA nel 2005 si ritiene che tale subconcessione dovrebbe aver cessato i suoi effetti, poiché tanto la Terme di Sciacca SPA quanto la Fintur Sciaccamare, hanno (o dovrebbero avere) acquisito le rispettive concessioni direttamente dalla Regione, titolare del demanio minerario. L’usufrutto è stato invece utilizzato come istituto al momento della costituzione della Terme di Sciacca SPA per potere conferire i beni di proprietà regionale, appunto in usufrutto, nel capitale (74% del pacchetto azionario) sociale della SPA, mentre il restante 26% è stato conferito al capitale della SPA in proprietà piena trattandosi di beni realizzati dall’Azienda delle Terme con i fondi dei propri bilanci. Con la liquidazione della Terme di Sciacca, in realtà ancora in piedi come una sinecura, tutto torna al suo posto.

Acque termali. Rispetto alla concessione dei prodotti del bacino non si pone nessun problema. L’aggiudicatario del complesso dei beni termali, come correttamente riportato nello schema di bando elaborato dal Tavolo tecnico per Terme, in forza del suo contratto di concessione potrà richiedere ed ottenere la concessione mineraria, così come le autorizzazioni sanitarie e l’accreditamento con il SSN.

Rete fognaria per le strutture di San Calogero. Nella conferenza stampa del Tavolo tecnico del 20 novembre scorso è stato evidenziato che la soluzione è tanto semplice da sembrare banale: essendo stata realizzata la rete fognaria di contrada Isabella, ed essendo stata a suo tempo già realizzata una vasca di raccolta di reflui civili a ridosso del Grande Albergo San Calogero, un tubo – per caduta – ed alcuni pozzetti di salto che diminuiscono la velocità di caduta risolverebbero, con una spesa minima, il problema. Ma sempre nella conferenza stampa si è accertata la possibilità di “scaricare” sul concessionario questo ed altri incombenti, sollevando la proprietà da ogni onere. Circa l’indilazionabilità e l’indispensabilità forse bisognerebbe richiamare, in via analogica, l’intervento delle Procure di Milano e di Taranto sulla vicenda ILVA, che hanno aperto un’indagine per la lesione dell’interesse pubblico economico nazionale connesso al depauperamento di beni produttivi; dovrebbe bastare questo per superare le inutili barriere burocratiche, rammentando che ormai si è più responsabili per le conseguenze di quello che non si fa che per quello che si fa.

Riacquisto delle Piscine dei Molinelli. Il Comitato Civico Patrimonio Termale ha osservato come il problema sollevato dal Dirigente del Dipartimento Finanze e Credito non ha fondamento. Sarebbe comunque interessante sapere se anche per Acireale sia stato sollevato lo stesso problema, dato che per la liquidazione di quella società la Regione, a fronte dei 4 milioni relativi a Sciacca, ha impegnato tre volte tanto. Ma anche questo aspetto merita un approfondimento. Anzitutto non sappiamo se la legge n. 20 del 2016, cioè quella che ha previsto il riacquisto, sia stata o meno notificata alla Commissione Europea secondo il cosiddetto stand-still ex art. 108 par.3 TFUE (meccanismo di controllo degli aiuti di Stato), perché in effetti è un’azione finanziaria di sostegno non connessa ad assicurare una continuità aziendale finanziariamente sostenibile, trattandosi di società in liquidazione.

Ma anche in questo caso la responsabilità è della Regione. Si sarebbe potuto, infatti prevedere – se non si fosse perso tutto questo tempo per la elaborazione del bando di affidamento -, con determinate e puntuali modalità un accollo da parte dell’aggiudicatario delle situazioni debitorie esistenti, intervenendo sul canone, con una riduzione temporanea o con una moratoria. C’è da ritenere che i creditori sarebbero stati ben lieti di consentire questa operazione e comunque anche questa circostanza sarebbe accertabile. In pratica i debiti della Terme di Sciacca SPA sarebbero stati pagati dal privato aggiudicatario in conto canone, così si sarebbe risolto il problema. Si è scelta invece la strada più complicata. Ma si è sempre in tempo.

Ruolo del Comune. Il Comune si è volutamente autoescluso dall’intera vicenda, forse per insipienza, forse per carenza di professionalità, forse per timore di sbagli, tant’è che non ha saputo sfruttare la possibilità di essere l’unico attore di uno scenario importantissimo e strategico per il suo sviluppo economico. Quindi questa responsabilità non si può addossare alla Regione, che ne ha molte altre ma non questa.

Liquidazione della SPA. E’ chiaro per pubblicare il bando l’intero patrimonio immobiliare, mobiliare ed impiantistico deve essere ricondotto ad unità e deve tornare nella disponibilità della Regione, soggetto appaltante. E, soprattutto, l’ex Motel Agip deve restare all’interno del complesso dei beni.

Filippo Cardinale

 

 

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