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“SPIRITI IN FERMENTO”, MOSTRA A CALTANISSETTA. TRE LE OPERE DI ENZO NUCCI

E’ stata inaugurata ieri pomeriggio, nelle sale del Palazzo Moncada, a Caltanissetta, la mostra Spiriti in fermento. Si tratta di collettiva di pittura e di scultura, curata da Salvatore Falzone ed Elisa Mandarà, In memoria di Antonio Mercadante, critico e storico dell’arte romano, per anni impegnato in Sicilia e scomparso prematuramente l’anno scorso a Sciacca.

Trentasei le opere esposte, dodici gli artisti, siciliani e romani, amati o scoperti da Mercadante: Salvo Catania Zingali, Giulio Catelli, Carmelo Giallo, Alessandra Giovannoni, Paolo Guarrera, Giovanni La Cognata, Sebastiano Messina, Vincenzo Nucci, Franco Polizzi, Ruggero Savinio, Vincenzo Scolamiero, Luciano Vadalà.

Tra le trentasei opere esposte, tre sono del nostro indimenticabile concittadino Enzo Nucci, scomparso prematuramente. Un artista che ha colto ciò che la Sicilia ci offre, la durezza dei suoi colori, i forti contrasti, i paesaggi gialli di frumento incastonati da magnifiche palme che il pittore ha saputo esaltare in maniera unica. Ma anche la dolcezza di un chiaro di luna. Un artista amato e che manca molto alla comunità saccense e agli amici. E capita spesso, la mattina presto, per chi costeggia piazza Scandaliato, immaginare il passo di Enzo Nucci percorrere quella piazza dalle mille suggestioni. Un rito mattutino che l’artista saccense amava celebrare prima di salire le scale del suo studio, a pochi passi da piazza Scandaliato. Uno studio dal quale, con le due finestre, Enzo proiettava il suo sguardo nei colori della nostra Sicilia, del nostro mare Mediterraneo, nella sua suggestiva sicilianità.

Ma torniamo alla mostra “Spiriti in fermento”. Come spiega il critico d’arte Elisa Mandarà, “originando dal senso di un omaggio intimo e corale ad Antonio Mercadante, la mostra stabilisce un colloquio straordinario tra lo specifico dei pittori e degli scultori invitati, che corre per il dinamismo neoespressionista di Barba e capelli di Catania Zingali, per la trasposizione pittorica delle cose della vita in pittura pura di Jeans, Marco di Giulio Catelli, per la spiritualità archetipica dei Fiori nel regno dello spirito di Carmelo Giallo, per gli scorci romani attraversati dal superbo occhio pittorico di Alessandra Giovannoni, per il vibrante classicismo delle sculture di Paolo Guarrera, per l’intenso Autoritratto di La Cognata, per le opere scultoree di Messina, che dicono di mare e di sogno, per la misura memoriale dell’Angolo di giardino di Nucci, per le raffinate armonie di luce, spazio e colore del Cielo e le case di Sampieri di Polizzi, per il prezioso simbolismo del Tramonto di Savinio, per la finezza estrema del poetico Mutevole canto di Scolamiero, per la drammatica verità dell’Attesa di Vadalà”.

La figura dello studioso è illustrata dallo scrittore Salvatore Falzone, in una originale reinvenzione letteraria della sua biografia, che pone particolare attenzione alle relazioni tra il critico e gli artisti. Scrive Falzone: Chi era Antonio Mercadante? «Sono un critico» scrisse una volta. «So scegliere di quale poesia voglio essere circondato, quale possorappresentare e difendere ogni volta che la riconosco e la incontro». Era anche un «direttore artistico». Ovvero sapeva aiutare i poeti con cui aveva comprensione e consonanza «a fidarsi del loro meglio, e a trarlo da sé»: consapevole, tuttavia, che «è raro stabilire con un altro che tocca le tue cose più intime, quelle che riguardano tenere fibre di amor proprio, quella fiducia di comprensione che sempre aiuta a vedere di più, magari per confermarsi nella propria idea, magari per aprirla a quello sbocco lì prossimo e che sembrava invece lontanissimo. Io ci credo,» confessava «questa è la mia vita». Critico e storico dell’arte, specialista di pittura italiana del Novecento, Antonio Mercadante si era formato alla scuola di Simonetta Lux e di Corrado Maltese nell’Università di Roma, come informa una nota biobibliografica trovata tra le sue carte.

Era stato lo stesso Mercadante a ideare nel 2017 la rassegna Spiriti in fermento, rilanciando l’idea del collega francese Laurent Danchin di nominare un’arte “post-contemporanea” per liberarsi dall’egemonia della dizione arte “contemporanea”, escludente ed elitaria. “Perché di questo si tratta – scriveva – quando si parla di arte contemporanea: un’arte controllata, determinata, dogmatica, standardizzata nell’apparente ecletticità, ipocritamente irridente, sempre invece in dialogo proficuo con il potere politico, finanziario, accademico, mediatico che la impone”.

La selezione dei lavori in mostra nel capoluogo nisseno, “Piccola Atene” al centro del Mediterraneo, illustra il senso dell’operazione culturale: esaltare la bellezza di un mondo che cambia attraverso la pittura e la scultura, linguaggi primigeni dell’espressione umana che tuttavia, per dirla ancora con Mercadante, sono «tendenzialmente esclusi dal sistema che agevola l’accesso ai media, alle sale espositive dei musei, alle rassegne internazionali, al mercato borsistico finanziario, forza trainante dalla quale dipende in gran parte la gestione dell’arte contemporanea».

L’iniziativa è organizzata dal gruppo editoriale Archinet diretto da Salvatore Schembari, che cura anche la pubblicazione del catalogo pubblicato da Salarchi Immagini, dalla Fondazione degli Archi di Comiso e dall’associazione nissena Creative Spaces.

 

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