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Recupero Borgo Bonsignore, proseguono i lavori. Entro il prossimo luglio ritornerà agli splendori

RBERA. Proseguono i lavori su Borgo Bonsignore, l’insediamento rurale del 1939 in provincia di Agrigento, oggetto di un intervento di manutenzione, restauro e recupero voluto dalla Regione Siciliana. I lavori attualmente completati, a cura della Soprintendenza per i beni culturali di Agrigento, a capo della quale vi è l’architetto Michele Benfari, riguardano la chiesa, la canonica e il dispensario medico.

Gli otto edifici, oggetto degli interventi, presentano anche elementi artistici di pregio come gli affreschi del pittore Alfonso Amorelli che abbelliscono la chiesa e le formelle in terracotta a decoro della trattoria e della scuola realizzate dell’artista calatino Salvatore Alberghina.

Vanno avanti quelli su altre strutture del centro abitato come la caserma e l’ufficio postale. A breve verranno completati anche gli studi sulle cromie per procedere alla stesura degli intonaci.

Borgo Bonsignore – inaugurato nel 1940 e realizzato dall’Ente nazionale per la colonizzazione del latifondo in collina, a 13 chilometri da Ribera – deve il suo nome alla memoria di “Antonio Bonsignore”, capitano dei carabinieri di Agrigento, caduto in combattimento nel 1936 a Gemu Gador, durante la campagna in Africa. Si tratta di uno dei primi otto borghi rurali messi in cantiere in Sicilia con l’obiettivo di favorire la piccola proprietà contadina e combattere il latifondo. Il progetto prevedeva la presenza di un medico, una levatrice, un ufficiale d’ordine e due guardie con attribuzione anche di fontanieri, tutti con obbligo di residenza. Gli abitanti, che al momento al momento dell’inaugurazione erano appena un centinaio, in pochi anni salirono a seicento.

Il soprintendente Michele Benfari sottolinea che è “un patrimonio da tutelare e valorizzare, anche in relazione a un attuale ritorno alla terra e di attenzione verso la ricerca di un equilibrio tra la città e la campagna”.  La riqualificazione è un mezzo non solo conservativo ma di rilancio. “Questi “grumi edilizi”, attraverso un processo di “riuso adattivo”, si prestano a divenire polarità per il rilancio dei territori”, per il Soprintendente.

La posa della prima pietra dell’abitato avvenne il 21 di ottobre del 1939, alla presenza delle autorità civili, del vescovo Peruzzo e di Nallo Mazzocchi Alemanni, direttore generale dell’ente di colonizzazione del latifondo siciliano.

Borgo che rispecchia l’impostazione del ventennio.  “E’ costituito da un insieme di infrastrutture disposte attorno ad un’unica piazza di forma quadrata con fontana centrale, parzialmente chiusa da portici, dominata dalla torre del littorio situata sull’asse d’accesso al borgo e scelta dal progettista come elemento per la prospettiva frontale. Gli otto edifici, di aspetto sobrio e rigoroso, sono aggettivati da elementi artistici di pregio quali gli affreschi opera del pittore Alfonso Amorelli che abbelliscono la chiesa. Contestualmente al borgo venivano realizzate 17 case coloniche distribuite su un asse viario tangente il borgo, mentre numerose altre case coloniche punteggiavano la campagna circostante” spiega la Soprintendenza di Agrigento.

I borghi rurali nacquero volutamente di modeste dimensioni e non erano concepiti per un’antropizzazione per un passaggio verso il nucleo iniziale di future città. L’intento del Borgo era quello di “far toccare”  la presenza dello Stato proprio in quei territori dominati dalla presenza di mafiosi e che erano preda di una forte povertà socio-economica.  “Per la progettazione dei primi borghi- spiega ancora Michele Benfari- vennero scelti giovani architetti siciliani capaci di interpretare la natura e la peculiarità ai paesi siciliani, al suo essere antico e nuovo, compositivamente la nuova architettura rurale siciliana doveva essere pittoresca, chiusa sobria e non internazionale”.

Filippo Cardinale

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