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Pd e congressi, l’arduo compito di Marciante a ricomporre un partito lacerato

Avv. Filippo Marciante

SCIACCA. Venerdì pomeriggio si è insediata la Commissione regionale di garanzia del Pd in Sicilia. E’ composta da nove membri, Filippo Marciante, Mariella Mirenda, Tina Cusimano, Marina Maltese, Massimo Milazzo, Filippo Panarello, Angelo Salamone, Titti Basso e Francesco Macchiarella.

A presiedere la Commissione è il saccense Filippo Marciante, avvocato. Dovrà indossare la toga anche fuori dall’ambito del palazzo di giustizia per dirimere una aspra lite scoppiata all’interno del Pd agrigentino e che vede due parti in contrapposizione, una delle quali è capeggiata dall’unico deputato saccense Michele Catanzaro, la cui giovane età racconta una lunga esperienza politica gran parte della quale sotto le ali democristiane. L’altra parte in lite è rappresentata da oltre 80 tra sindaci, assessori, consiglieri comunali e dirigenti, sparsi in numerosissimi Comuni, fino a toccare la parte più a sud della provincia agrigentina e dell’Europa: Lampedusa.

“Sento la responsabilità di una nomina che – dice Marciante – è utile al buon funzionamento del Partito. La commissione sarà perciò aperta a tutte le sollecitazioni degli iscritti e degli elettori “. Marciante dovrà impegnarsi a fondo anche per tentare di risanare la frattura nel Pd agrigentino. Questo è ovvio.

Ed è in questo lembo di terra siciliana che il presidente della Commissione di garanzia dovrà mettere da parte non solo ciò che in comune ha con Catanzaro, la città di Sciacca, ma risaltare quel valore della “nuova linfa” che la classe dirigente del partito agrigentino racconta ma solo a parole. I fatti sono denunciati in quella lettera inviata al segretario regionale Barbagallo e al segretario nazionale Zingaretti, che contiene accuse gravi ma soprattutto gettano sul partito, “sul nuovo che avanza” ritrosie che ricordano il vecchio Pci. Dibattiti a compartimenti stagni e non in assemblee aperte e senza condizionamenti. Ma anche attraverso tavoli che sanno più di trattoria che di agorà davvero democratiche.

Il presidente Marciante non può sottostimare le gravissime accuse di un “esercito” di sindaci, assessori, consiglieri comunali, dirigenti, di tantissimi Comuni agrigentini e deve espletare senza remore quel ruolo assunto da qualche giorno, appunto di garante. Nella sua doppia veste, di garante e di uomo di legge.

Gravi sono le accuse che la Commissione dovrà valutare. Accuse e denunce che sono lo specchio di un partito lacerato. Il nutrito gruppo lamenta “una investitura dall’alto, che non tiene conto di centinaia di militanti che in questi anni, tra mille difficoltà, hanno creduto, e continuano a credere, nel Partito Democratico”.  Accusano il commissario del partito, “le cui scelte sono state mirate a far “quadrare” i numeri, al fine di dare una veste democratica ad un congresso che in realtà non lo è”.

Lamentano “un tesseramento che ha escluso la partecipazione delle democratiche e dei democratici della provincia, con regole modulate ad uso e consumo di una parte, annullando il ruolo dei dirigenti locali. Nulla a che fare con la natura stessa del partito che molti di noi hanno contribuito a far nascere”.

Denunciano il mancato riscontro alle “sollecitazioni di confronto sui contenuti e sulla politica” e che “sono arrivate risposte di mediazione inaccoglibili. Numeri freddi di percentuali, assegnazione di ruoli e “ricompense” varie pur di consegnare simbolo e storia del PD agrigentino a chi ne ha rivendicato la “proprietà”.

Marciante sa bene lo stato di travaglio che vive il Pd agrigentino. Se non lo ricorda, a rinverdirlo è l’esercito di malcontenti firmatari della lettera inviata a Barbagallo e Zingaretti.

“Il fallimento alle ultime elezioni comunali sembra non interessare nessuno. Nei due centri più importanti, Agrigento e Ribera, abbiamo assistito a “operazioni” che di fatto hanno favorito il centro destra, annullando la presenza del partito nelle istituzioni locali. Non sembra interessare a nessuno che in tutte le realtà gli stessi non hanno disdegnato di sostenere candidati sindaci in contrapposizione a candidati espressione del partito, cosa che potrebbe accadere nel rinnovo delle amministrazioni comunali, con l’isolamento e l’esclusione dall’uso del simbolo di chi non è allineato, anche delle esperienze amministrative uscenti, che riteniamo debbano essere tutelate. Senza una vera riflessione su questo e altri fatti non è possibile immaginare un rilancio dell’azione politica del PD agrigentino”. Altro capo di imputazione degli 80 firmatari della lettera.

Una crisi profonda che sta portando il partito  ad un congresso provinciale mutilato. “Per queste e altre ragioni non parteciperemo a un congresso segnato, che non si fondi sul confronto delle idee e sui temi aperti alle problematiche del territorio”, rimarcano nella lettera.

Marciante deve anche dipanare un impianto accusatorio pesante. “E’ davvero incomprensibile che in piena pandemia, nel mezzo della grave crisi politica e sociale che stiamo vivendo, nell’incertezza per il futuro di tante donne e uomini, che qualcuno, chiuso in una stanza, stabilisca date, orari e garanti dei congressi di circolo, senza nessuna comunicazione ufficiale e nessun coinvolgimento dei territori e con un tesseramento secretato ad uso e consumo di una sola parte”, è scritto nelle lettera inviata al segretario regionale e nazionale del Pd.

Per Marciante e i membri della neonominata Commissione di garanzia il compito è arduo. Hanno il compito di spazzare via i nuvoli neri che incombono sul partito, ma soprattutto far rispettare quell’aggettivo di cui il partito si vanta: democratico. Insomma, la Commissione di garanzia deve traghettare il Pd agrigentino dalle riesumate purghe staliniane al confronto democratico, basato su regole certe e senza la creazione di cerchi magici che decidono le sorti attorno ad un tavolo di trattoria, magari la vigilia del congresso cittadino.

Se la Commissione di garanzia, appena nominata, non centrerà l’obiettivo, ma soprattutto non ripristinerà l’essenza della democrazia nel partito, avrà fallito clamorosamente. Se la Commissione di garanzia si adagerà sul sistema di spartizione delle segreterie provinciali deciso a Palermo e asseconderà le smanie di una falsa linfa di “rinnovamento” da parte di chi si presenta vecchio, se non anagraficamente, ma per il suo modo di intendere la democrazia come grimaldello per scalate già decise col vecchio sistema, Marciante & C avranno solo prestato il fianco per la recita di una farsa.

Filippo Cardinale

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