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Oggi pomeriggio il summit di Italia Viva. L’agonia della città ruota attorno a Cusumano

EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE

La seduta consiliare del prossimo 1 settembre non può considerarsi normale routine. Ancor prima di affrontare i programmati punti all’ordine del giorno, dubbio non v’è che la questione politica assume rilevanza prioritaria. E qui entrano i noti “numeri” su cui si fonda l’impianto della democrazia: un’amministrazione governa se è ha dalla maggioranza. La questione è che quella cifra ampiamente maggioritaria portata a dote dalla coalizione vincente si è dissolta come neve al sole. Oggi, l’Amministrazione comunale può contare su 7 aficionados. Una cifra che non consente di assicurare il numero legale per la sua celebrazione manco in seconda convocazione.

Oggi pomeriggio, Italia Viva raduna dirigenti di partito e consiglieri comunali a Villa Palocla. Una riunione che dovrebbe sigillare la distanza e la distinzione tra il partito di Nuccio Cusumano e il resto della colazione che fu. In queste ultime ore intercorrono telefonate tra volontari mediatori per una ricomposizione che appare sempre più ardua.

Se è vero che i cusumaniani sono stati coprotagonisti dell’elezione di Francesca Valenti a sindaco, è pure vero che nel corso del cammino la forbice si è allargata sempre più. Un’apertura dell’arnese di sartoria diventata irreversibile. E se è vero che in politica tutto è possibile, è anche vero che stavolta, nel pieno di una crisi di politica-amministrativa di grave entità, in gioco c’è la credibilità di Italia Viva e, ancor prima, di Nuccio Cusumano, il quale è al centro dell’attenzione cittadina. Da qualche mese,si  è contraddistinto per una linea di ferma demarcazione dal sindaco e dalla coalizione e una sua inversione a U avrebbe riverberi non certo positivi sulla sua lunga storia politica. Anche perché l’inversione sarebbe causata solo da canti di sirene che provengono da posti in giunta.

Scaricare la responsabilità ad altri non può essere certo una sorta di trincea dalla quale lanciare strali a chi, all’interno della maggioranza, ha assunto una posizione netta e di critica nei confronti di un quadro politico che, rispetto alla fase iniziale, è mutato elevando il PD come partito con poteri totalitari e di monopolio in barba alla rappresentanza elettorale espressa.

Se una parte della coalizione vincente intende imputare su Italia Viva responsabilità sullo stato di crisi della medesima coalizione e sullo stallo amministrativo che la città vive, è anche da considerare che alimentare lo stato di agonia della città per altri due anni comporta un aggravante contemplato dal codice penale e delimitato nell’articolo 110: concorso in associazione.

In buona sostanza, è irresponsabile chi decide di rompere una alleanza che ha perso la sua stella polare da seguire, o chi si ostina a mantenere in agonia una città per altri due anni?

E’ questo il limite di demarcazione tra responsabilità e irresponsabilità. E volendo risalire alle dimissioni da sindaco di Vito Bono, a poco più di metà mandato, non può essere sottovalutato quel gesto. Di fronte ad un pantano politico-amministrativo di quella coalizione, Vito Bono ebbe la responsabilità di staccare la spina alla sindacatura tenuta in vita tra litigi continui e che riverberava danni sulla città. Sarebbe stato da irresponsabile seguitare in quel contesto che non è dissimile a quello attuale.

Il limite di demarcazione tra irresponsabilità e responsabilità sta nell’intelligenza di comprendere quando si ha il dovere di non arrecare ancora danni alla città, perpetrando l’evidente fine di un matrimonio politico nato sotto buoni auspici ma conclusosi con violente liti.

Ecco perché Italia Viva è al centro dell’attualità politica. Va di mezzo la credibilità del gruppo, la lunga storia di un politico, la credibilità dei suoi dirigenti e dei suoi consiglieri comunali. Se il “reato” che Italia Viva imputa al sindaco è quello di aver tradito gli elettori e il profilo civico iniziale, seguitare a mantenere vivo tale “reato” configura il profilo dell’aggravante contenuto nell’articolo 110 del codice penale che sopra abbiamo citato.

Ovviamente, nel nostra riflessione politica non c’è nessun reato penale, ma morale si. E non è meno grave di quello penale se si vuole mantenere il profilo morale integro.

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