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MENO DI DUE ANNI ALLE NUOVE ELEZIONI. UNO SPRINT CHE PUO’ ESSERE UN FLOP

EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE

SCIACCA. Il tempo scorre, inesorabilmente. Anche quello politico. Quello “civile” produce sommatoria anagrafica, tonalità bianca ai capelli, l’inizio di acciacchi. Quello “politico”, invece, è l’elemento che dovrebbe determinare lo sviluppo della città con una visione prospettica di crescita. La buona politica programma con visione lungimirante, la politica miope non va oltre la visione del proprio naso e, di conseguenza, ha una espressione effimera, pensa alla giornata, dimensione nella quale non riesce a gestire manco l’ordinaria amministrazione.

La politica saccense, per la maggior parte delle volte in cui si è alternata alla guida della città, non ha mai rivolto gli occhi ad una programmazione a lungo termine. Ciò presuppone che buone idee, buoni progetti, siamo fatti propri a prescindere dal colore politico. Presuppone che vengano portati avanti per il bene della città, per la visione di una programmazione capace nel tempo di proiettare Sciacca in una dimensione diversa da quella effimera. Significa che un progetto buono deve essere portato avanti anche dall’amministrazione successiva, evitando di cassarla per “dispetto politico”.

Eppure, la politica saccense si è fatta dominare dal senso della rivalsa, dal senso deleterio di cancellare qualsiasi iniziativa lungimirante, abbattendo, in tal modo, quel ponte della continuità che consente alla città di iniziare e proseguire quel percorso lungo ma efficace di trasformazione.

Il tempo scorre, ma ancora oggi i temi che attanagliano lo scontro politico sono quelli di un piccolo paesino: le erbacce, la sporcizia, la lampadina fulminata, le buche presenti sulle arterie cittadine, gli accessi al mare che sono trappole.

Può crescere mai una città a vocazione turistica se manca nella cultura politica la capacità di guardare oltre, la capacità di progettare una Sciacca capace di offrire servizi turistici adeguati alle città concorrenziali? E’ mai possibile che ancora oggi si deve ricorrere alla bottiglia di plastica portata da casa per scrollarsi la sabbia dai piedi. E’ mai possibile che al turista non si offre la possibilità di fare una doccia dopo il bagno e una giornata trascorsa al mare? E perché nella vicina Menfi ciò è possibile e a Sciacca no?

E’ mai possibile presentare Sciacca in preda alle erbacce in piena stagione? Perché non è possibile che la politica alzi la visione della città immaginando di portarla a veri livelli concorrenziali con le mete turistiche più note?

Il tempo scorre, inesorabile. Da quinquennio a quinquennio la città anziché compiere quel salto di qualità, compie un passo indietro. A volte indietreggiare, nello schema militare, significa adottare una strategia per preparare un attacco. Nella strategia politica saccense, indietreggiare significa soccombere, relegare Sciacca a livelli che non le sono utili, anzi le appaiono deleteri.

Il tempo scorre e tra 22 mesi siamo in piena campagna elettorale per l’elezione del nuovo sindaco e il rinnovo del Consiglio comunale. Il panorama politico locale appare molto più incerto rispetto al passato. Non solo incerto, ma anche con una classe politica che non appare idonea a gestire le sfide che attendono la città.

In questi tre anni la politica è stata inghiottita da avvenimenti di stallo che hanno contagiato tutte la parti. Litigi interni hanno segnato tutte le componenti, nessuna esclusa. Si è assistiti anche ad una rappresentazione della politica che calca il palcoscenico della farsa. Parte della politica ha offerto un dipinto che rappresenta bene la porta girevole, nella quale stando fermi si riesce a entrare e a uscire senza sforzi. O forse, senza dignità, nel caso politico. C’è chi scalpita colpito da una conversione molto più profonda narrata dalla Bibbia sulla via di Damasco. Una folgorazione simile al ritorno di fiamma immaginando di indossare le vesti di una maestrina che con la spugna cancella la lezione scritta sulla lavagna col gesso. Tanto la gente dimentica.

Il quadro politico attuale è mutato già a livello nazionale. Sciacca non è immune da tale cambiamento, soprattutto non più immaginare il replicarsi di formule politiche che appartengo ormai alla storia.

Il centrodestra sta dimostrando il tipico procedere da brezza alcolica, il centrosinistra ha dimostrato di liquefarsi quando amministra la città. I grillini si sono sfaldati dopo la fuoriuscita di Matteo Mangiacavallo. Mizzica sembra l’uomo solo che parla nel deserto.

In Consiglio comunale domina l’incertezza. Ma soprattutto lo sfaldamento numerico della coalizione che ha vinto le elezioni. Ciò rende precario il percorso di questi ultimi 22 mesi. Ovviamente, a farne le spese è la città. E’ ritornata alla ribalta la vicenda dell’allargamento della giunta municipale. Un allargamento ambito a chi in quella porta girevole sembra divertirsi.

La questione di questi ultimi 22 mesi non è l’estensione numerica della giunta, ma la sua capacità di essere incisiva. Quante volte nell’aula consiliare si è invocato il cambio di passo. In verità più che cambio di passo la politica si è messa in posizione di riposo.

In questo momento la città vive la crisi devastante del dopo lockdown. Attenzione a trasmettere la sensazione delle aspirazioni alle poltrone assessoriali, di allargamenti che in una stagione estiva ridotta, difficilissima,  produrrà risultati diversi da quelli sperati. La gente riceverebbe un messaggio dalla politica che accrescerebbe ancora di più il distacco. Forse, adesso, è il caso di concentrarsi ad affrontare la breve stagione mettendo in atto quelle parole che fino ad oggi hanno volteggiato come foglie spinte dal vento. Un buon allenatore, semmai, si adopera a sostituire quel giocatore che segna il passo e non riesce a esprimere le sue “doti” mirabolanti.

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