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MAFIA, “OPUNTIA”: PM CHIEDE 8 ANNI DI CARCERE PER 5 MENFITANI E 1 SACCENSE

Il pubblico ministero della Dda di Palermo, Alessia Sinatra, a conclusione della sua arringa nel processo di mafia denominato “Opuntia”, ha chiesto condanne per complessivi 48 anni e 8 mesi di carcere. Il processo di svolge con rito abbreviato e interessa 6 degli 8 imputati. Cinque sono di Menfi, 1 di Sciacca. Sul processo hanno un peso di rilievo le dichiarazioni del collaboratore di Giustizia Vito Bucceri, che hanno impresso una svolta importante alle investigazioni della DDA di Palermo, coordinate dai pubblici ministeri Alessia Sinatra e Claudio Camilleri. La sentenza (il processo si svolge nell’aula bunker del Tribunale di Palermo) è prevista per il 7 maggio.

Il secondo troncone del processo, quello con rito ordinario, sarà celebrato nel Tribunale di Sciacca. Gli imputati sono Matteo Mistretta, di 32 anni, e Tommaso Gulotta, di 52, entrambi di Menfi.

Queste le richieste:

12 anni di reclusione per il saccense Domenico Friscia, di 55 anni.

10 anni e e 8 mesi per il medico di Menfi Pellegrino Scirica, di 63 anni.

10 anni per Vito Riggio, di 32 anni, di Menfi.

8 anni per Giuseppe Alesi, di 48 anni di Menfi.

6 anni per Cosimo Alesi, di 53 anni di Menfi.

2 anni per il collaboratore di giustizia Vito Bucceri, di 46 anni.

La collaborazione di Bucceri risale nell’estate del 2016, ad agosto dopo la sua scarcerazione.

Il saccense Domenico Friscia è ritenuto dagli investigatori componente della famiglia mafiosa di Sciacca e di essere consigliere di Bucceri nell’organizzazione e nella gestione delle illecite attività. Friscia avrebbe partecipato ad incontri e riunioni con il Bucceri e con altri esponenti di vertice della famiglia di Menfi.

L’operazione fa seguito ad una complessa e articolata attività investigativa sviluppata negli ultimi due anni dai Carabinieri della Compagnia di Sciacca, coordinati dal Comando Provinciale di Agrigento, sulle attività criminose del mandamento del Belìce ed, in particolare, della famiglia mafiosa di Menfi e sui contatti intrattenuti dai suoi principali esponenti con Sutera Leo detto “il professore” ritenuto nel periodo 2010 – 2012 il capo della provincia di Agrigento e con Pietro Campo , esponente di vertice della famiglia mafiosa di Santa Margherita Belice. Il livello dei personaggi interessati e le modalità di svolgimento degli incontri hanno fatto comprendere come le relazioni fossero funzionali alla ricostruzione ed alla ricomposizione del segmento associativo che fa riferimento all’area geografica di Sciacca e Menfi già disarticolato con precedenti operazioni.

Le riunioni e gli incontri avevano luogo all’interno di autovetture, appartamenti di proprietà dei sodali ed in casolari di campagna ed erano caratterizzati da rigidi protocolli di sicurezza tesi ad eludere eventuali attività di controllo investigativo. In tale ambito, il Bucceri, che viene ritenuto al vertice della famiglia di Menfi, si avvaleva di un collaudato e fedele numero di collaboratori in grado di costruirgli attorno un circuito relazionale che tentava di blindarlo evitando la penetrazione investigativa. Allo stesso tempo, lo Scirica, medico di base, non esitava a mettere a disposizione il proprio studio professionale per lo svolgimento di incontri riservati tra i componenti del gruppo medesimo, così consentendo la veicolazione di messaggi e indicazioni tra i componenti del gruppo ed altri esponenti di famiglie mafiose dei territori limitrofi.

Le indagini hanno pertanto permesso di ricostruire e di documentare attraverso le intercettazioni telefoniche come gli indagati avessero la consapevolezza di far parte di un segmento inquadrato nel più ampio contesto criminale di Cosa Nostra siciliana e si adoperassero per mantenerlo in vita.

 

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