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LE RETI IDRICHE DEVONO ESSERE CEDUTE AI GESTORI, LA CONSULTA DEMOLISCE LA LEGGE DELL’ARS. SCIACCA HA AGITO CORRETTAMENTE

Comuni dovranno scegliere (provincia per provincia) ciascuno dei nove ambiti territoriali, il soggetto a cui affidare le reti. E’ un addio ai “sogni” di gestione diretta, di tariffe calmierate dalla Regione, di riappropriazione delle reti.

In buuona sostanza, la Corte Costituzionale ha stabilito che la Sicilia deve adeguarsi alle norme nazionali in materia di gestione dell’acqua e non può legiferare contro i privati e in favore di società pubbliche, perché lederebbe i principi di libera concorrenza.

È questo che stabilisce in sintesi una sentenza della Corte costituzionale che di fatto smonta il tentativo del Parlamento siciliano di rendere pubblico il servizio idrico nell’Isola per evitare possibili speculazioni di privati.

La legge fu approvata due anni fa èd rimasta in vigore fino a oggi.La Consulta ha accolto il ricorso dello Stato contro tutta una serie di paletti e principi che erano stati introdotti all’Ars.

Quando la legge fu portata in Aula, l’assessore ai Servizi di pubblica utilità, Vania Contrafatto, avvertì sul rischio che la legge potesse essere impugnata. A cominciare da quello che riduceva da 30 anni a 9 anni la durata delle concessioni ai privati a vantaggio delle gestioni pubbliche, norma che per la Consulta viola la libera concorrenza. Viene anche cassata la parte che affidava alla giunta la possibilità di incidere sulle tariffe, che invece sono già stabilite a livello nazionale da un’Autorità.

“Non ci potranno essere aumenti alle tariffe – spiega la Contrafatto – perché sono stabilite da un’Autorità nazionale. Al contrario se le avessimo liberalizzate avremmo rischiato degli aumenti nel caso di interventi di manutenzione”.

Bocciata poi la parte in cui si affidavano le reti agli enti locali. Diversi Comuni dovranno consegnare le reti ai privati. La Corte Costituzionale, dunque, dà torto ai deputati regionali che due anni fa esultarono, come una vittoria di Pirro, all’approvazione della loro legge che andava contro le disposizioni nazionali.

Sciacca cedette le reti idriche sotto la sindacatura di Mario Turturici, e il depuratore sotto la guida di Fabrizio Di Paola. Oggi, quella scelta, obbligatoria per legge, si è rivelata quella corretta.

“La sentenza con la quale la Corte costituzionale ha bocciato la riforma del sistema idrico approvata dall’Ars due anni fa, è la prova della estrema superficialità con cui il tema dell’acqua pubblica è stato trattato ai vari livelli”, afferma l’ex sindaco Mario Turturici.

Per Turturici si è trattato di un tema delicatissimo “che è sicuramente servito per fare campagna elettorale e costruire qualche carriera politica. La sentenza smonta un impianto normativo che fa acqua da tutte le parti, con cui si evidenzia che la regione Sicilia non può legiferare su materie la cui competenza è esclusiva e spetta allo Stato. Una sentenza con cui viene bocciata anche la norma che consentiva la gestione diretta del servizio da parte dei Comuni e che alimenterà ancora più confusione sul territorio”.

“Una legge che è servita-conclude Turturici- solo a buttare fumo negli occhi, ne è prova che la stessa Regione non si è nemmeno costituita in giudizio per difendersi dalla impugnativa del governo nazionale dinanzi ai giudici della Corte Costituzionale”.
Filippo Cardinale

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