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LE MINACCE A PINO MANIACI DAL MARITO DELL’AMANTE E NON DALLA MAFIA. DIVIETO DI DIMORA NELLE PROVINCE DI PA E TP

Dalle intercettazioni esce fuori una realtà ben diversa dal profilo di Pino Maniaci che tutti conoscono come simbolo dell’antimafia

Una realtà diversa quella svelata dalle intercettazioni disposte dalla Procura di Palermo che coinvolgono Pino Maniaci, direttore di Telejato, divenuto il simbolo dell’antimafia: le minacce contro di lui le avrebbe fatte il marito della sua amante e non la mafia. Non sono stati i boss di Cosa nostra a bruciare l’auto e a impiccare i suoi due amati cani.

I carabinieri gli hanno notificato un divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani. È accusato di estorsione “per aver ricevuto somme di denaro e agevolazioni dai sindaci di Partinico e Borgetto onde evitare commenti critici sull’operato delle amministrazioni”.

Lui era ben consapevole, anche se ai giornali e alle Tv annunciava: “E’ stata la mafia a minacciarmi per le inchieste del mio tg”. Quel giorno, era il 4 dicembre dell’anno scorso, gli telefonò persino il presidente del Consiglio per esprimere solidarietà. E qualche minuto dopo, lui si vantava al telefono, con un’amica: “Ora tutti, tutti in fibrillazione sono, pensa che mi ha telefonato quello stronzo di Renzi”.

Pino Maniaci è accusato di aver estorto al sindaco di Partinico Salvatore Lo Biundo anche un’assunzione per la sua amante. Un contratto di solidarietà al Comune per tre mesi: “Alla scadenza, non poteva essere rinnovato – ha ammesso il sindaco interrogato dai carabinieri – ma Maniaci diceva che dovevamo farla lavorare a tutti i costi e allora io e alcuni assessori ci siamo autotassati per pagarla”.

Maniacio al telefono con l’amante si vantava: “Per quella cosa ho parlato, già a posto, stai tranquilla, si fa come dico io e basta. Qua si fa come dico io se ancora tu non l’avevi capito… decido io, non loro… loro devono fare quello che dico io, se no se ne vanno a casa”.

Per i magistrati è la prova delle “vessazioni” imposte dal giornalista antimafia. Sempre all’amante diceva di volerle fare vincere un concorso all’azienda sanitaria locale di Palermo. “Quello che non hai capito tu è la potenza… tu non hai capito la potenza di Pino Maniaci. Stai tranquilla che il concorso te lo faccio vincere”. “A me mi hanno invitato dall’altra parte del mondo per andare a prendere il premio internazionale del cazzo di eroe dei nostri tempi, appena intitolato l’oscar di eroe dei nostri temi”. Era il novembre 2014.

In un’altra occasione: “Ormai tutti e dico tutti si cacano se li sputtano in televisione”. “C’è il sindaco che mi vuole parlare – diceva ancora all’amante – per ora lo attacco perché gli ho detto che se non si mette le corna a posto lo mando a casa, hai capito? A natale non ti ci faccio arrivare, che te ne vai a casa e non ci scassi più la minchia”. Poi aggiungeva: “Mi voglio fare dare 100 euro così domani te ne vai a Palermo tranquilla”.

Nei giorni scorsi, il giornalista si è difeso sostenendo di essere vittima di un complotto, per le sue denunce sulla gestione dei beni confiscati.

La figura di Maniaci è venuta fuori casualmente mentre venivano monitorati altri indagati. E così la sua voce è rimasta impressa nei nastri magnetici. Le sue frasi, dicono gli investigatori, fanno a pugni con l’immagine di giornalista di frontiera, libero e a testa bassa contro il sistema. Protetto dallo Stato per le intimidazioni subite, raggiunto da decine e decine di querele per diffamazione frutto dei suoi articoli, premiato con riconoscimenti prestigiosi, nazionali e internazionali, Maniaci si è ritagliato un posto di rilievo nel panorama dell’antimafia militante, quella dura e pura.

Ora su di lui si abbatte l’inchiesta della Procura. Nel fascicolo raccolto dai pm ci sono le parole dei due sindaci chiamati a confermare quanto sarebbe emerso dalle indagini. E poi ci sono le intercettazioni che farebbero a pugni con l’immagine di paladino della legalità. Un’immagine che neppure la notizia pubblicata nei giorni scorsi ha scalfito più di tanto. In molti hanno giurato sulla sua correttezza, pronti a metterci la mano sul fuoco.

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