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La lunga agonia della città stretta nella morsa di una politica distante dalle esigenze cittadine

EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE

Oggi il tema predominante in città ritorna ad essere quello politico. Un tema che appassiona solo gli addetti ai lavori, però. Il dibattito innescato dal collega Massimo D’Antoni ha riportato alla ribalta un episodio datato tra gennaio e la prima metà di febbraio e che sembrava essere stato riposto in soffitta: quello della mozione di sfiducia. In particolare, se in quella circostanza, naufragata fra gli scogli del doppio gioco di taluni consiglieri comunali, fu commesso un “reato”. Cioè, se alcune parti politiche si sono incontrate o no.

Se, cioè, tra il centrodestra e Italia Viva vi fu un avvicinamento (poi, a causa del Covid fu imposto il distanziamento!) al fine di trovare un’intesa per portare al traguardo efficacemente la mozione di fiducia efficacemente. Ovviamente, l’avvicinamento doveva, giocoforza, trovare una quadra in prospettiva di elezioni anticipate.

Si sa che la politica è l’arte del trasformismo, del rendere possibile ciò che non lo è (e viceversa). A tutti è nota la vicenda della mozione di sfiducia e la famosa seduta consiliare nella quale emerse una ingenuità strategica del centrodestra associata all’abuso di potere esercitato dal presidente del Consiglio comunale. Abuso magistralmente studiato a tavolino e riuscito.

Il collega D’Antoni, con intelligenza, ha smosso le acque stantie della politica incagliatasi in una stasi che dura da tempo e amplificata dal lockdown. La politica si è immersa in una crisi profonda dalla quale è difficile uscire e i cui riverberi negativi e deleteri fanno male alla città. Una crisi profonda la cui radice, molto probabilmente, non ha eguali in precedenza anche a causa della sostanza di una classe politica non idonea ad affrontare le gravi emergenze che colpiscono la città.

Oggi, Sciacca ha moltiplicato l’intensità delle sue emergenze che si trascina da tempo. Intensità che è stata ancora rafforzata a causa dell’emergenza sanitaria e che interessa pesantemente il tessuto socio-economico cittadino.

Ai temi noti e irrisolti, che segnano inesorabilmente una curva decrescente della qualità della vita sia sotto l’aspetto sociale che economico, sono aggiunti quelli devastanti della lunga chiusura delle attività per l’emergenza Covid. Crisi che, in verità, deve ancora assumere la sua vera forma virulenta nei prossimi mesi.

Rispetto a tale contesto, ogni dibattito politico che non include la coscienza della gravità della situazione appare un evidente segno di depistaggio, appare come la testimonianza che la politica viaggia su una dimensione astratta eassai  lontana  da quella vissuta dai cittadini.

Rispetto a tale quadro, appare abbastanza evidente che la politica si distanzi sempre più dalle esigenze dei saccensi alle prese con serie difficoltà. In tale contesto drammatico risulta davvero inconcepibile la conversione sulla via di Damasco di parti politiche, o la rappresentazione attualizzata della parabola del figliol prodigo. Restano solo 20 mesi alla conclusione dell’attuale strano mandato elettorale. Seguitare a stabilizzare la città in una devastante agonia fino alle nuove elezioni del maggio 2022 è solo il segno evidente di una forte irresponsabilità.

La ristrettezza del tempo ci induce a pensare che aggiungendo due posti alla tavola della giunta serva a poco. Come a poco servirà una ritrovata riappacificazione all’interno della maggioranza. La clessidra ha fatto scorrere la maggior parte del tempo utile, senza cambio di passo né la decantata nuova linfa.

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