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I DUE PESI E DUE MISURE DI RAZZA: A MARSALA FA CIO’ CHE NON VUOLE FARE A SCIACCA

EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE

Il tempo, e non ne trascorrerà tanto, come sempre sarà galantuomo e presenterà in modo chiaro un quadro che l’emergenza coronavirus ha coperto con un telo. Il telo dell’emergenza che tutto può, anche spendere soldi pubblici con procedure che non sono state rese pubbliche, anche trasformare un ospedale, con un bacino che abbraccia 200.000 cittadini e comuni interprovinciali, in qualcosa di indefinito. Indefinito tanto che, pur con l’etichetta di riferimento Covid-19, gli eventuali infettati vengono trasferiti in altre strutture ospedaliere fuori dalla provincia agrigentina. Motivo? Semplice, il Giovanni Paolo II (come le altre strutture ospedaliere agrigentine) è privo del reparto di malattie infettive.

L’altro elemento che non rende ben definito l’ospedale di Sciacca è che a causa della sua trasformazione, dedicando la stragrande maggioranza di posti letto ai soggetti sospetti positivi, è diminuita la sua capacità di assorbire le richieste di assistenza e cure sanitarie per altre patologie. Quelle che colpiscono la quotidianità e per le quali ci si ammala gravemente, si muore, ma soprattutto si ha bisogno di intervento chirurgico.

In buona sostanza, il Giovanni Paolo II ha assunto una curiosa configurazione: riferimento Covid-19 ma senza pazienti e come “centro di snodo” per eventuali positivi che devono essere trasferiti in strutture ospedaliere site altrove. Nello stesso tempo, depotenzia la sua originaria configurazione di ospedale capace di soddisfare diverse patologie che provengono dal territorio.

Con il risultato che da gennaio a oggi -lo dice il senatore Rino Marinello che è anche un dirigente medico del Pronto Soccorso saccense- il Giovanni Palo II ha perso 2.000 accessi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Marinello mette le mani avanti e dice che “andando avanti così, la qualificazione dell’ospedale DEA e Spoke è a rischio”.

Prendendo Sciacca come riferimento per snodare il nostro articolo, è facile percepire come l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, parrebbe applicare due pesi e due misure rispetto al caso di Marsala.

Ruggero Razza, ha annunciato che il vecchio ospedale San Biagio di Marsala sarà riqualificato e rifunzionalizzato per accogliere i malati di Coronavirus al posto del Paolo Borsellino, scelto dall’Asp nelle scorse settimane come Covid hospital della provincia. Razza, in visitanella città lilibetana, dopo aver effettuato un sopralluogo nella struttura e incontrato il sindaco,
Alberto Di Girolamo, ha spiegato che l’obiettivo è rendere disponibile il nosocomio entro il mese di novembre, sottolineando che “le risorse finanziarie ci sono, e in questo modo non dovremo più paralizzare l’attività del Paolo Borsellino come è avvenuto nella prima fase emergenziale”.

Insomma, Razza comprende che bisogna ridare al Paolo Borsellino quella dimensione ospedaliera originaria e dedicare altra struttura alla patologia derivante da Covid-19.

Il tempo, abbiamo scritto, è galantuomo. E non passerà molto tempo per la restituzione alla città, ai cittadini, di un periodo tutto emergenziale nel quale è accaduto un processo di trasformazione sotto l’egida dell’emergenza (che non c’è stata, fortunatamente) che ha trasformato il nostro ospedale.

Con quali conseguenze? Sarà il tempo stesso a spiegarle. Non ci resta che auspicare una maggiore incisività del management dell’Asp di Agrigento, mista ad una ritrovata consapevolezza che il Giovanni Paolo II non solo deve riappropriarsi delle sue funzioni originarie, ma potenziarle adeguatamente anche con l’apporto di personale e di apparecchiature.

 

 

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