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Ho “trovato” (il saccense) Michele Blasco nel Paradiso della Cattedrale di Agrigento

AGRIGENTO. Di Carmelo Petrone  (articolo pubblicato su L’Amico del Popolo)

Eureka!
Il 24 agosto 2021(memoria di San Bartolomeo apostolo), mentre sono intento a visionare, sulla macchina fotografica, gli scatti appena effettuati ai personaggi ritratti nel “Paradiso” del catino absidale della Cattedrale di Agrigento alla ricerca di San Bartolomeo col coltello in mano, emetto un grido di gioiosa sorpresa : «Ho trovato Michele Blasco!»
“Michele chi?” Domanda a bruciapelo Stefano, il quale si trovava accanto a me, davanti il maestoso organo a canne.  “Don Carmè – ribatte Stefano – vuoi dire San Michele arcangelo? È quello in alto a sinistra, insieme agli arcangeli Raffaele e Gabriele”.
«No, Stè, Michele Blasco».
“E cu è?”, rintuzza Stefano.
Michele Blasco – spiego – è l’abate, pittore, architetto e doratore saccense che, tra gli anni 1657 -1663, come risulta da alcuni documenti custoditi nell’Archivio Capitolare, dipinse, su incarico dello stesso Capitolo, il “Paradiso” del catino absidale e la finta cupola del transetto.
“Che ci fa tra gli apostoli e i santi del Paradiso?” chiede stupito Stefano.

È il momento di dare una spiegazione. Ci sediamo sugli scranni in legno del coro e, a naso in su, guardando l’affresco del catino, gli spiego che da circa 21 anni ero alla “ricerca di Michele Blasco”. Ricordo a Stefano che la rubrica “Gli emblemi della Cattedrale” curata da mons. Domenico De Gregorio, sulle pagine del settimanale diocesano “L’Amico del Popolo” (che tenne dal 2 giugno al 14 luglio 2002) fu illustrata dai miei scatti fotografici realizzati con la mia prima macchina fotografica digitale (1,5 megapixel di risoluzione, oggi un semplice telefonino ne ha almeno 12!). Ricordo che Monsignore, dovendo trattare degli emblemi dell’abside si soffermò, anche, sul dipinto del “Paradiso” e per quell’articolo mi chiese una foto a corredo di quanto scrisse: “… Lo dipinse (l’affresco del Paradiso n.d.r.) il can. Michele Blasco (Sciacca 1628-1685) che vi si raffigurò sotto le vesti di un apostolo (ultimo a sinistra di chi guarda) con un libro su cui si legge: “Dom. Michael Blasco pinxit”. (foto sotto)  Le indicazioni erano chiare; andai più volte in Cattedrale “armato” di macchina fotografica alla ricerca del particolare descritto nell’articolo, ma

Particolare con la scritta: “Dom. Michael Blasco pinxit”

non riuscii ad identificare “l’Apostolo-Blasco”. Neanche in occasione della pubblicazione postuma che ho curato raccogliendo tutti gli articoli nel testo Signum Salutis. La Cattedrale di Agrigento e i suoi emblemi (Agrigento 2008).

Stefano al sentire il racconto comprende e capisce il mio stupore. Ci raggiunge, intanto, il signor Giuseppe Buontempo, sacrista e memoria storica delle vicende degli ultimi 50 anni della storia della Cattedrale, che aveva ascoltato da lontano il dialogo con Stefano.
“Don Carmè – esordisce – me lo poteva dire che cercava Michele Blasco! Già, bastava chiedere, in tutto questo tempo non lo avevo mai fatto.
Sappia – continua col suo tratto signorile scavando nella sua lucida memoria che ricorda fatti, persone e particolari – che io ero presente il giorno in cui Monsignor De Gregorio, munito del suo inseparabile binocolo (lo portava sempre con sè alla ricerca di particolari n.d.r.) fece la scoperta.
Ricordo che – continua il Signor Buontempo – un giorno, durante i lavori di restauro, quando era ancora montato il ponteggio, Monsignor De Gregorio mi chiese di salire in alto e controllare da vicino se quanto vedeva a distanza col binocolo, corrispondesse al vero. Mi chiese ancora – prosegue come un fiume in piena, accompagnandomi nella cappella della Madonna dalla porta di collegamento con l’abside – di controllare se lassù (mi indica la finta colonna di fronte la porta della sacrestia) ci fosse la firma del Blasco a matita, perché così aveva letto in un documento del Capitolo. Anche questa volta – conclude il Signor Buontempo – ho trovato quello che mi aveva chiesto di verificare”

QUELLE DATE (?) SULLE TAVOLE DELLA LEGGE.  Contento del ritrovamento, ritornando a casa e rivedendo gli scatti mi accorgo di un particolare che monsignore non aveva descritto e di cui non ho trovato traccia altrove. Nel dipinto, sulle tavole della legge in mano a Mosè che le mostra al popolo (vedi foto), vi sono, quelle che a mio parere possono essere delle date che in questa sede offro all’attenzione degli esperti (vedi particolare).


A cosa fanno riferimento? Indicano forse, la data di inizio e fine della realizzazione dell’opera? Sono compatibili con la presenza del Blasco ad Agrigento?

Ma ancora, il volto ed i vestiti di Mosè che porge le tavole della legge hanno qualcosa in comune col “l’Apostolo Blasco?”

Ipotizzando, poi, che l’Apostolo con barba e capelli arruffati sia Blasco, in mancanza di altri riscontri certi, si potrebbe avviare uno studio scientifico-comparativo su altre opere attribuite al Blasco.

MA NON E’ FINITA. Continuando a visionare altri scatti realizzati nella mattinata del 24 agosto in Cattedrale, mi accorgo di un’altra didascalia (vedi foto sotto) questa volta dipinta su una trave (lato nord) del soffitto ligneo a capriate, voluto dal vescovo Giuliano Cybo (1506- 1537), dipinto da Masolino da Floregia (1511-1514) con le immagini degli apostoli, dei Santi agrigentini e gli stemmi delle famiglie nobili della città.

Facendomi aiutare dal direttore dell’Archivio storico della Curia, don Giuseppe Lentini, abbiamo così tradotto l’iscrizione: “Restaurato dai deputati, i reverendissimi: canonico don Domenico Spoto, Canonico don Rosario Lombardi”. Offro all’attenzione degli esperti, qualora non ne fossero già a conoscenza, anche questa immagine. Quando fu fatto il restauro? Perchè? Ha a che fare con il dissesto della Cattedrale, essendo la trave con l’iscrizione collocata sul lato nord della Cattedrale, quello che nei secoli è stato interessato a frane e assestamenti? Da una ricerca nell’Archivio Capitolare si potrebbe risalire ai Canonici citati e, quindi, al periodo del restauro che non sembra indicato dalla scritta.
Oggi ripensando a quanto vissuto mi sono chiesto: e se nelle nostre chiese e nei nostri musei utilizzassimo strumenti tecnologici avanzati come la fotografia o il semplice binocolo, come era solito fare Mons. De Gregorio, per andare alla ricerca di particolari, altrimenti invisibili?

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