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Gli insulti a Giorgia Meloni denotano un odio politico incontenibile

SCIACCA. Qualche giorno fa in una intervista ad una emittente fiorentina un professore di Siena, tal Giovanni Gozzini, uomo di sinistra, ha riempito di insulti Giorgia Meloni, al punto che nei confronti della parlamentare sono scattate numerose dichiarazioni di solidarietà, primo tra tutti il Presidente Mattarella.

Io non condivido le posizioni della Meloni, leader di Fratelli d’Italia, su diverse cose, mentre su altre mi ritrovo ad essere d’accordo. Ciò non toglie che la Meloni ha tutto il diritto di dire come la pensa sul nuovo governo e su tutto ciò che ha a che fare con la guida della società italiana, anche in forza di una legittimazione che le viene dal voto popolare e, quindi, dalla rappresentatività che ne deriva.

A quel professore si è poi associata tale Selvaggia Lucarelli che non so chi sia, ma che credo di avere incrociata durante uno zapping televisivo causa pubblicità, mi pare in un programma di ballo e di stelle, dove qualche insulto era stato rivolto anche alla danseur Mussolini.

Poiché non me la posso tenere questa vicenda degli insulti, che ho risentito e riletto da parte di entrambi, e meno male che non sto sui social perché sono convinto che se ne saranno aggiunti migliaia, ho deciso di scrivere questa lettera al mio amico Direttore del Corriere di Sciacca perché qualcosa bisogna dire.

Io ho trovato cosa insegna il professore nell’Ateneo senese, addirittura “Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche” (incredibile quel pedagogiche che ne fa un educatore!) ma di certo il suo ruolo gli imporrebbe nel rapporto con i suoi studenti e con la società la conferma di alcuni valori che sono precondizioni, forse più importanti dei contenuti scientifici che dovrebbe propalare: il rispetto per chi non la pensa come te, il civile confronto tra idee diverse, la dignità culturale del ruolo accademico, la discussione anche aspra e dura da posizioni politiche diverse.

L’insulto, che è sempre volgare e che denota un odio politico incontenibile, mai sopito soprattutto nell’intellighenzia socio-economica delle elìte di quella parte politica che vive con splendida autoreferenzialità il suo complesso di superiorità ideologica e morale, è sempre profondamente indegno.

Ignoro ruolo e funzione della Lucarelli quindi mi asterrò dal ricercare ulteriori motivazioni dei suoi insulti, anche se guardando ai suoi obiettivi, mi pare anche lì abbastanza semplice capire il suo posizionamento ideologico.

Ma per dire qualcosa su entrambi dobbiamo necessariamente rispolverare un pensiero del buon Leonardo Sciascia, siciliano come noi e soprattutto uomo di una cultura immensa e raffinata ma anche intellettuale scomodo, che con le sue opere ha fatto conoscere al mondo come modernità, decenza, rispetto dell’altro, civiltà e profonda riflessione prima del buon uso delle parole (che sono pietre come scriveva Levi), abbiano segnato una svolta “illuminista” nel rapporto tra le persone.

Alla fine degli anni ottanta, nel suo libro “Nero su Nero”, che sarà poi ristampato in altre diverse edizioni, Sciascia teorizzò che da tempo era nato nella società italiana un nuovo soggetto: il cretino di sinistra; questa nuova emblematica figura della quale adesso diremo, lungi dall’essere tramontata ha invece lentamente occupato diversi spazi, diversi ruoli, alcuni dei quali, purtroppo, estremamente rilevanti per il vivere civile.

Ma chi è il cretino di sinistra e quale è, secondo Sciascia, la sua caratteristica fondamentale: è colui che ha una spiccata tendenza verso tutto ciò che è difficile, complesso, problematico, che per essere compreso appieno ha bisogno di una profonda analisi critica, filtrata attraverso i multiformi spessori del materialismo storico e dialettico.

E’ “il cretino che si mimetizza nel discorso intelligente, nel discorso problematico e capillare”, indice, a loro dire, di superiorità intellettuale, in realtà di una nuova forma di ottusità, ma informata e colta, che purtroppo però, prosegue Sciascia è ormai cambiato, perché infatti è difficile incontrare un cretino che non sia un po’ intelligente e un intelligente che non sia un po’ cretino, e conclude con una certa malinconia e con sincero rammarico che oggi il cretino di sinistra “è in realtà adulterato, sofisticato”, fino ad arrivare a rimpiangere “i bei cretini di una volta! Genuini, integrali. Come il pane di casa. Come l’olio e il vino dei contadini”. Oggi diremmo i cretini a chilometro zero.

Ma anche loro hanno diritto di esistere e di dire le corbellerie che ritengono, ma non da quei pulpiti, non dalle Università, non dalle televisioni, specialmente se pubbliche, e per come la penso io neppure dai social; ma essendo una categoria largamente rappresentata costituiscano un movimento, si facciano eleggere, del resto quando dissero a Churchill che c’erano diversi cretini in Parlamento, lui rispose “meno male, è la prova che siamo una democrazia rappresentativa“.

Io, molto più modestamente, ho sempre molto presente il consiglio della buonanima di mio padre “non ti mettere mai a discutere con un cretino, la gente potrebbe non capire la differenza”.

Alfredo Ambrosetti

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