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Fallimento Girgenti Acque, i curatori adesso a caccia degli utenti che non pagano. La situazione sempre più critica

AGRIGENTO. La dichiarazione di fallimento con sentenza del Tribunale Fallimentare e Civile di Palermo segna uno spartiacque le cui conseguenze, in una situazione in cui l’Azienda speciale consortile non è ancora costituita e il servizio idrico è gestito dal Commissario prefettizio, sono imprevedibili e che destano forte preoccupazione. Quella più grossa è che l’erogazione idrica in provincia possa subire un forte rallentamento.

Leggendo la sentenza, comprendiamo quanto sia davvero precaria la situazione agrigentina con riferimento al servizio idrico. Nella sentenza si fa riferimento alla” mancata disponibilità dell’ATI di  Agrigento di acquisire – dietro un corrispettivo in denaro – la gestione degli impianti”.

Vengono meno gli elementi essenziali per le attività conservative del patrimonio mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali. Nè poteva procedersi con una amministrazione straordinaria con prospettive di recupero dell’equilibrio economico dell’attività imprenditoriale.

Nella sentenza viene riportato che l’ATI di Agrigento non prevede di ricorrere ad alcuna forma di “cessione” del rapporto, ma ad un nuovo affidamento e che, pertanto, l’indisponibilità dell’unico soggetto interlocutore per la cessione rende impossibile qualsiasi ipotesi di riequilibrio economico dell’impresa”.

Alla luce di tutto ciò è stata esclusa pacificamente la possibilità di conseguire il riequiibrio economico dell’impresa tramite un programma di ristrutturazione. Tra l’altro, il Commissario Giudiziale ha rappresentato che l’oggetto del giudizio prognostico e la scelta tra procedura conservativa e procedura fallimentare andrebbe individuata nella effettiva cedibilità all’Azienda consortile costituenda dei complessi aziendali o quanto meno di un complesso di beni e contratti finalizzati all’espletamento di un pubblico servizio. 

Attualmente, tra mille difficoltà che aumenteranno man mano, la Gestione dei Commissari prefettizi (uno dei due si è dimesso)  sta proseguendo nella gestione del servizio sino all’affidamento a nuovo gestore, che per scelta dell’ATI sarà un Consorzio fra i Comuni della Provincia di Agrigento in corso di costituzione, soggetto interamente pubblico.

La domanda che sorge spontanea è: quanto tempo passerà affinché la “Consortile” sia prima costituita e poi operativa? Col beneficio del dubbio per la complessità dell’operazione e dei costi per a carico dei Comuni.

Tra l’altro, lo scorso 29 aprile  l’ATI AG9 ha comunicato che l’Assemblea territoriale, con deliberazione n. 11 del 29 dicembre 2020 ha stabilito di non procedere al trasferimento del ramo d’azienda dell’ex gestore, indicando il cronoprogramma di massima relativo alla definizione del nuovo affidamento del S.I.I. Dunque, l’ATI non prevede di ricorrere ad alcuna forma di “cessione» del rapporto, ma ad un nuovo affidamento e che, pertanto, l’indisponibilità dell’unico soggetto interlocutore per la cessione rende impossibile qualsiasi ipotesi di riequilibrio economico dell’impresa.

Si procederà con una catena di commissari: 3 nominati dal Tribunale e 1 prefettizio tutt’ora in carica. Un ginepraio di figure che rappresenta limiti e anche scontri. La  dichiarazione di fallimento non determina – fino al definitivo passaggio al nuovo soggetto gestore del servizio idrico – la cessazione della gestione del servizio idrico integrato da parte del Commissario prefettizio.

Dunque, la sentenza da atto che il Commissario prefettizio continuerà a gestire il servizio idrico integrato, nel rispetto tuttavia della disciplina concorsuale a tutela del fondamentale requisito della par condicio creditorum.

Fino alla costituzione della “Consortile” e alla sua effettiva operatività, il Commissario prefettizio – pur non costituendo un soggetto giuridico distinto dalla società sottoposta a procedura concorsuale – potrà gestire il servizio idrico utilizzando le entrate correnti, mediante una contabilità separata ed interloquendo costantemente con gli organi della procedura fallimentare.

Le entrate correnti sono le bollette. Bollette che in buona parte vanno in sofferenza. Eventuali surplus ricavati dalla gestione del servizio idrico, a seguito del pagamento delle spese, devono inevitabilmente essere posti a beneficio della massa dei creditori.

Ovviamente, con la sentenza di fallimento, tutto si complica ancora di più, senza dimenticare che ci sono le banche agguerrite.

Il trio dei Curatori nominato dal Tribunale di Palermo dovrà realizzare l’attivo e pagare i creditori. L’attivo è rappresentato da crediti verso gli utenti, e, se ci sono, dai beni immobili delle due società dichiarate fallite.

A questo punto, i curatori faranno partire le diffide agli utenti morosi per evitare la prescrizione dei crediti. Il fallimento ha l’unico vantaggio che congela la situazione debitoria ed evita che maturino debiti su debiti. Ma si potrebbe aprire, anche, un’altra maglia dai risvolti penali se la Procura dovesse rivelare gli estremi della bancarotta. Dipende dalla relazione dei curatori ma anche  dalle indagini della Procura di Agrigento tutt’ora in corso.

La situazione, in tale ventaglio di prospettive, non è rosea per la gestione del servizio idrico integrato in provincia di Agrigento. Di certo l’ambito territoriale non è ottimale, ed i Comuni “dissidenti” aggravano le già pesanti diseconomie nella gestione. Così non va, almeno che non sia varata una legge che ridimensioni gli ambiti.

Il rischio che ogni gestione del servizio idrico sia fallimentare è abbastanza concreto. Molto probabilmente, i nostri sindaci non hanno percezione reale della situazione e vanno per abbrivio. Ma dopo l’abbrivio, la barca si ferma.

Filippo Cardinale

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