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DURO MONITO DEL CARDINALE MONTENEGRO: “TERRA DI PROMESSE DISATTESE”

Don Franco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, stanotte, dinanzi la chiesa di San Domenico in piazza Pirandello, è tornato a tuonare contro lo stallo di una provincia agrigentina che soffre una profonda crisi economica e sociale.

«Quante promesse abbiamo ascoltato! Di sviluppo umano, di salvaguardia e promozione del territorio, di correttezza e impegno per il bene comune … promesse che poi puntualmente vengono disattese, e si risolvono in tanti, troppi casi, nella ricerca del profitto personale, o di congreghe e clientele varie, nel malaffare dei mafiosi, negli intrallazzi della corruzione, nei cavilli procedurali di una lenta, lentissima e paralizzante burocrazia. Sono come le bolle di sapone, delicatamente colorate che, all’inizio creano curiosità e stupore, ma poi improvvisamente scoppiano e ti lasciano con niente in mano, come succede ai bambini che giocano. Ma questo è un gioco che gli adulti non si possono permettere!»

«Tante promesse fatte e intanto nella nostra terra i poveri diventano sempre più poveri, le famiglie perdono casa e lavoro, ai giovani si scippa speranza e futuro, nel Mediterraneo si continua a morire. Le costruzioni si sgretolano e cadono a pezzi nei centri storici, le reti viarie diventano dei veri ‘colabrodo’, si sfilaccia sempre di più il tessuto sociale. Il territorio si spopola, l’emorragia da emigrazione – ha detto, chiaramente il cardinale – sembra inarrestabile: gli ultimi dati a mia conoscenza parlano di circa 155.000 emigranti di questa terra. La provincia di Agrigento è la seconda per residenti all’estero. Si surriscalda il clima di litigiosità e violenza che penosamente si risolve, in alcuni casi, nell’eliminazione dell’altro: penso a Vincenzo Busciglio di Alessandria della Rocca, ucciso a metà marzo, e a Marco Vinci, ucciso a Canicattì, nel 2018: tutti e due la stessa età, 22 anni, tutti e due accoltellati”.

Il cardinale Montenegro, dopo la processione serale del venerdì Santo, ha focalizzato l’attenzione su quanto di preoccupante e allarmante si vive nell’Agrigentino. «Che dire dello scempio del paesaggio naturale, violentato dall’avidità dell’accaparramento della terra. Mi chiedo se la coppia Fustaino, travolta ed inghiottita da una frana a Cammarata, nello scorso novembre, più che vittime della natura, non lo siano state della scarsa umanità dell’uomo? Il non rispetto per gli altri e per il creato è chiaro segno di disumanizzazione e di grave imbarbarimento».

Montenegro è tornato a ribadire un concetto: «Agrigento siamo noi! Lamentarsi è autoaccusarsi! Tu stesso, Signore, ci hai avvisati sull’inutilità di piangere sulle rovine di Gerusalemme. Qui, da noi, i verbi al futuro sembrano assenti dalla grammatica della vita e così ci si appiattisce su un presente, tanto cupo quanto triste, di cui ci si lamenta, utilizzando anzi le lagnanze come balsamo per acquietare le coscienze. Non c’è dubbio che ci sia un deficit di fede, – ha fatto autocritica il cardinale – ma è altrettanto evidente il deficit di cittadinanza attiva e responsabile. Costruire la città ‘nuova’ non è un compito delegabile ma nemmeno rimandabile. La nostra cattedrale, da poco riaperta, al di là del suo valore religioso, è testimone prezioso di sguardi e di visioni proiettati in avanti. Non è un museo, ma una finestra volta su un futuro da costruire giorno per giorno, mattone dopo mattone”.

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