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Dovevamo “essere migliori” dopo il Covid, ma l’indifferenza prevale sul significato di comunità. La tragedia di Amedo lascia l’amaro

SCIACCA- La recente tragica notizia della morte di Amedeo La Rosa, il cui corpo è stato trovato nel primo pomeriggio dello scorso 15 maggio lungo la strada Cansalamone, sotto il viadotto che collega il centro storico con il quartiere Perriera, pone una seria riflessione.

L’uomo, quarantaquattrenne,  mancava da casa dal pomeriggio di due giorni prima. Come da prassi, le ricerche scattano dopo 48 ore dalla segnalazione. Procedure che coinvolgono anche i volontari di Protezione civile.

La tragedia di Amedeo non può essere relegata nell’ambito della cronaca, nell’ambito delle emozioni limitate nell’arco di qualche giorno. O peggio ancora, di qualche semplicistica considerazione psedo-psicologia. Cioè quella falsa pietas che poi scivola facilmente dalla nostra mente e archivia ogni tragedia senza porsi una riflessione più profonda.

Una riflessione che pone un interrogativo su cosa sua diventata la società attuale. Quell’interrogativo, però, che viene schivato perché presi dal ritmo delle cose quotidiane, dai pensieri che sono sempre presenti, dalle difficoltà economiche che le famiglie attraversano. Difficoltà che partono dal tempo pre-covid ma che la pandemia ha reso ancora più evidenti.

La domanda che fa accapponare la pelle è: devono ripetersi ancora tragedie come quella di Amedeo? Uomo la cui quotidianità non lasciava intravedere un triste epilogo. Affabile e anche appassionato ed esperto nel campo dell’informatica, non lesinava di offrire la sua disponibilità.

Altra domanda che è necessario porsi è: ma il territorio è attrezzato per intercettare, assistere, persone che hanno bisogno di assistenza, di un aiuto, di una parola di conforto. O esso si limita al “minimo sindacale”? Cioè a quegli interventi che soddisfano solo un obbligo procedurale? Mi riferisco al mondo sanitario. Ha il nostro territorio una sanità territoriale davvero attrezzata e capace di prevenire, di assistere adeguatamente i soggetti più deboli? O la sanità territoriale si limita ad espletare il proprio compito stilando una lista di farmaci? Ma è solo la sanità territoriale che dovrebbe essere più incisiva? E la collettività?

Ogni tragedia, come quella di Amedeo, è la sconfitta di un’intera comunità. Lo è nella misura in cui non si riesce più a cogliere i dettagli della comunità stessa, di chi la compone. Lo è nella misura in cui si volta lo sguardo altrove perché tanto “ognuno di noi ha i suoi problemi”.

La società attuale ha molto bisogno di fermarsi e di riflettere. Lo fece all’inizio della pandemia quando ci si illuse che “saremmo diventati migliori”. In verità siamo diventati peggiori, siamo diventati più irrazionali e irascibili.

La tragedia di Amedeo non è solo sua e della famiglia. Essa riguarda tutti e ci pone una seria riflessione, ma soprattutto ci impone di rivolgere il nostro sguardo in una dimensione che ruota a 360 gradi, evitando di di far finta di non vedere.

La sanità territoriale, l’associazionismo volontario, la comunità civile e religiosa, hanno bisogno di rinverdire quella sinergia che il ritmo della vita moderna ha logorato.

Filippo Cardinale

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