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Calatafimi, max sequestro della Dia di 12 mln all’imprenditore edile Isca

CALATAFIMI. Sequestrati beni immobili e conti correnti per 12 milioni di euro dell’imprenditore Francesco Isca, originario di Vita ma residente a Calatafimi. Si tratta di 6 società che si occupano di produzione di calcestruzzo, noleggio di macchine e attrezzature per lavori edili, una che gestisce il parcheggio nel parco archeologico di Segesta, 17 rapporti bancari, 128 beni immobili e terreni e 27 automezzi. Il provvedimento di sequestro è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani che ha accolto la proposta del Direttore della Direzione investigativa antimafia.

Francesco è ai domiciliari dal febbraio 2020, quando fu  coinvolto nell’operazione dei carabinieri “Phimes”. In quella occasione gli investigatori dell’arma scoprirono un patto corruttivo tra Isca e Salvatore Craparotta, ispettore e vice comandante della polizia municipale di Calatafimi ormai in pensione.

Multare le auto in divieto di sosta lungo la strada che conduce al tempio doveva essere un dovere per Craparotta ed invece sarebbe divenuto un modo per favorire gli affari di Isca, titolare della “Nuovi Sistemi Edili srl”, che gestisce l’area di sosta a pagamento che si trova nei pressi del Parco archeologico di Segesta.

Secondo l’accusa, la pericolosità sociale di Isca emergerebbe dal legame con il capoclan Leonardo Crimi indicato dagli investigatori della Dia come appartenente alla famiglia mafiosa di Vita, «dal quale risulta che l’imprenditore – scrivono gli investigatori – abbia ottenuto sia le risorse finanziarie per avviare ed alimentare le proprie aziende, che la copertura per espandersi sul mercato, imponendosi nei lucrosi affari legati alla realizzazione delle grandi opere pubbliche a danno delle imprese concorrenti alterando il corretto funzionamento del libero mercato e violando le regole della leale concorrenza».

Secondo gli investigatori, l’organizzazione avrebbe ricavato una serie di vantaggi accrescendo la propria capacità di penetrazione e controllo delle attività economiche nel territorio di riferimento, ottenendo non solo denaro ma anche possibilità di lavoro per imprese e persone appartenenti all’organizzazione criminale. Diversi collaboratori di giustizia hanno riferito dei legami tra l’imprenditore e gli interessi delle cosche mafiose siciliane nel contesto criminale dei comuni di Calatafimi, Vita e Salemi.

Negli anni sono pure emersi i rapporti con Giovanni Filardo, cugino di Matteo Messina Denaro e Vito Nicastri.

 

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