Processo Borsellino. Scarpinato ripercorre anche altre tappe nere della storia d’Italia: “Questo è un paese che non è riuscito a sapere la verità sulla strage di Portella della Ginestra del 1947, che inaugurò la strategia della tensione in Italia. Un paese che non è riuscito a conoscere la verità sulle stragi neofasciste. Sappiamo, però, con sentenze definitive che, ad esempio, per la strage di Bologna ci sono stati i servizi segreti che hanno depistato le indagini. Ed è angosciante dovere prendere atto che la storia dei depistaggi non si ferma alle stragi neofasciste, ma arriva fino ai nostri giorni. E il processo Borsellino è una summa di tutti i depistaggi della storia italiana”.
Sulla strage di Capaci. “Documenti spariti, la famosa agenda rossa, che sparisce nella immediatezza di un fatto immane- dice Scarpinato – quando ancora tutti sono stravolti dell’esplosione, c’è qualcuno che lucidamente prende la borsa e pochi minuti dopo la rimette nell’auto in fiamme. E non si capisce perché, perché se prendi la borsa la dai ai magistrati come corpo di reato”.  E continua: “Abbiamo dei falsi collaboratori, c’è un processo a carico di esponenti delle forze di Polizia che sono accusati di avere costruiti a tavolino questi falsi collaboratori – dice – abbiamo una intercettazione tra il collaboratore di giustizia Santino Di Matteo (il padre del piccolo Giuseppe Di Matteo sciolto nell’acido ndr) e la moglie, che parlano dopo pochi giorni dal sequestro del figlio. La moglie dice al marito: ‘Hai capito perché hanno sequestrato nostro figlio? Ricordati che abbiamo un altro figlio, non parlare mai degli infiltrati della polizia nelle stragi e non abbiamo mai saputo niente su questa”.